“Ombre sul Naviglio” – Rosa Teruzzi


Voto: 5 stelle / 5

Il Gatto con gli stivali e la Fata turchina in vacanza in Romagna? Ma non è una favola il nuovo, sesto romanzo della serie I delitti del casello, di Rosa Teruzzi “Ombre sul naviglio”. Consigliato a chi ama i gialli soft con brio. Della stessa autrice abbiamo recensito anche “La memoria del lago“.

Il terzetto di investigatrici di complemento

“Ombre sul Naviglio”, pubblicato da Sonzogno a maggio, 160 pagine, 4 euro, è un giallo, un poliziesco che rimette in scena il riuscito terzetto di investigatrici di complemento: Libera, la fioraia libraia del Giambellino, la mamma hippy Iole e Vittoria, figlia-nipote poliziotta, unica specialista del trio rosa di Rosa.
Due rapinatori travestiti da personaggi delle fiabe con l’aggiunta di Zorro: nuovo colpo in trasferta della banda dei banditi in maschera, che da due mesi imperversano nel Milanese, in barba alle misure della Polizia. “Audace assalto a un’agenzia immobiliare di Cesenatico”, annuncia l’articolo a nove colonne di un quotidiano. Il Gatto, la Fata, trecento euro arraffati, scrive il cronista. In realtà ne hanno trovati trentamila. Che volete: il nero è di casa anche nel mercato immobiliare, non solo tra i titoli e i generi letterari.
Attenti, caro Gatto, con stivali o senza, cara Fatina con la bacchetta magica di plastica e pure Zorro. State in guardia: a darvi la caccia è piombata in Riviera nonna Iole, tallonata dalla più saggia Libera, che ha improvvisato un weekend di riposo al mare, per non perdere di vista la madre. Quella è capace di cacciarsi nei guai in un niente, quanto di trovare su due piedi un nuovo spasimante, nonostante gli anta.

In due a Cesenatico

Per chi non la conoscesse, non avendo seguito le avventure nei titoli precedenti di Rosa Teruzzi – caporedattore della trasmissione Quarto grado di Rete 4 – la fioraia e la mamma tardo hippy hanno risolto, con la collaborazione di un’amica giornalista e del suo direttore, alcuni vecchi casi che riguardavano la loro famiglia e la vita di alcune clienti del laboratorio fioristico.

Intorno a loro, la stampa ha consolidato la fama di argute investigatrici, ma devono quasi tutto a coincidenze favorevoli: dopotutto come requisiti professionali non hanno da offrire che tanta curiosità, una bella faccia tosta (soprattutto Iole) e una gran dose di fortuna. Se lo ripete sempre Libera, vedova di un poliziotto e madre di una giovane agente.
Solo due delle tre sono a Cesenatico. La più riflessiva Vittoria è impegnata col concorso da funzionario, ma più dello studio la preoccupa lo scalpore di nuove bravate di mamma e nonna, che rilanciate da titoli strillati la metterebbero in cattiva luce davanti a colleghi e superiori. In più, non esclude che possano esporsi al rischio di incrociare pericolosi delinquenti.
Come sempre, la Riviera vive in allegria e mette allegria. A tutti, con l’eccezione di Libera. Pene d’amore: non riesce a dimenticare Gabriele. Per anni, il collega del marito le ha fatto da cavaliere, oltre che padrino della figlia, ora sua sottoposta nella Squadra Mobile milanese. Si è legato da poco ad una ragazza più giovane, ma poi ha confessato alla “migliore amica” di voler lasciare la compagna perché innamorato di lei. Di Libera. Questo le ha scaldato il cuore, ma l’ha messa nei guai con se stessa, perché non ha mai voluto costruire la sua vita sul dolore degli altri. In più, Nadia aspetta un bambino.

Non “volgari ladri” ma “giustizieri”

In “Ombre sul naviglio” i rapinatori vestiti da personaggi dei cartoon e telefilm stanno intanto studiando la prossima vittima: l’Ottica Predabissi di Villasanta. Prediligono attività modeste, perché sono poco difese e non espongono a sorprese. Partono da una serie di sopralluoghi e appostamenti.
Fata Turchina è una donna di una certa età. Era solo quattordicenne quando ha conosciuto Gatto nel ’60, prima di andarsene col marito, un autentico rapinatore, ucciso in carcere a nemmeno quarant’anni. Fosse per lei, con la sua parrucca di boccoli biondi e la pistola finta che sembra vera si dedicherebbe ad obiettivi più redditizi, banche, uffici postali. Ma il suo uomo ritrovato non ammette ragioni, dice che loro non sono “volgari ladri”, ma “giustizieri”. Zorro è il fratello di Fata, inaffidabile, deruba anche i complici, prelevando i soldi dal nascondiglio comune dove li ripongono.
Gatto destina ad opere di bene una parte dei proventi dei colpi, seguendo una lista: la Bottega Popolare che procura viveri alle famiglie indigenti, il fondo per vittime dell’usura, le cassette delle offerte per i poveri nella chiesa di via Lattanzio. Quei soldi a lui non servono, ad altri sì.

Una famiglia di svalvolate

Vittoria soffre al pensiero che i colleghi siano convinti che appartiene ad una famiglia di svalvolate e Libera al momento lo è davvero. È venuta indirettamente a conoscenza del progetto avanzato di nozze tra Gabriele e Nadia. E lei, che dopo la dichiarazione d’amore del commissario non ha fatto che macerarsi, non ne vuole sapere di andare a chiedere spiegazioni per la decisione contraddittoria.
C’è del rosa, cose sempre, ma c’è sempre il giallo. E c’è un filo rosso che lega le attività vittime del trio mascherato, qualcosa che riporta a un episodio particolare precedente e che sarà pane per i denti delle investigatrici avventizie.
Intanto, tecniche investigative e colleghi hanno permesso a Vittoria di venire a capo dell’identità del corteggiatore segreto che lasciava fiori, bigliettini e fogli di libri rivolti a Libera. La destinataria di tante attenzioni ha sperato con tutto il cuore che fosse Gabriele e ha pensato-temuto che fosse Furio, il cuoco del vicino centro sportivo, suo corteggiatore a tempo perso. Finalmente, lo scopriranno anche i lettori, basta addentrarsi nel nuovo titolo dei “Delitti del casello”.

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