“La memoria del lago” – Rosa Teruzzi


Voto: 5 stelle / 5

Nel quinto titolo della serie “I delitti del casello”, una nuova avventura vede in azione Libera, la fiorista-libraia del Giambellino investigatrice di complemento, in compagnia della squinternata madre hippie e della figlia, poliziotta vera e serissima. Si tratta di “La memoria del lago” (Sonzogno 2020) di Rosa Teruzzi.

Il giallo si addice a Rosa Teruzzi

Non si parla a caso di giallo, in casa di Rosa Teruzzi. È caporedattore della trasmissione televisiva Quarto Grado, il popolare format di Rete 4 che si occupa di casi scabrosi di cronaca nera. È una materia di cui la giornalista brianzola trapiantata a Milano è non solo esperta, ma soprattutto si conferma appassionata e collaudata autrice di una serie di narrativa poliziesca di successo, “I delitti del casello”. Le indagini della fioraia del Giambellino sono arrivate alla quinta puntata, con “La memoria del lago”, edito da Sonzogno a metà 2020 (144 pagine, 14 euro).

Monzese, ma residente sotto la Madunina, Rosa si ritira ogni agosto in un casello ferroviario dismesso sul lago di Como, a Colico, che ha ristrutturato col marito e foderato di libri gialli, trasformandolo in laboratorio di scrittura nel periodo di ferie, che dedica allo sviluppo dei soggetti che le vengono in mente durante l’anno, appuntati sopra un quadernetto rosso. A volte le si materializzano anche mentre fa jogging. E se correre esercita un effetto tanto positivo sulla fantasia di un’autrice, si potrebbe consigliare a tanti aspiranti scrittori di darsi al footing appassionatamente.

Un vecchio casello al Giambellino

Di libri è pieno anche il vecchio casello del quartiere popolare milanese del Giambellino che Libera, brillante non ancora cinquantenne – sebbene non manchi molto al fatidico giro di boa – ha trasformato in abitazione e bottega da fiorista. È nell’ex magazzino del geniale nonno Spartaco che la protagonista della serie assembla e trasforma in opere d’arte bouquet floreali con una marcia in più. È una fioraia capacissima, anche se non è nata con i petali in mano, semmai coi gialli sulle ginocchia. Infatti, prima di ripiegare nel piccolo casello ferroviario del nonno, in via Pesto, tra il Naviglio Grande e lo storico rione periferico, gestiva una piccola libreria eco-culturale, specializzata in polizieschi, noir e thriller.

Libera è portatrice sana del virus del profondo nero, con o senza scene di sangue. Una specie di snella Nero Wolfe, orchidee tante, buona tavola no, per niente. S’impegna a tempo pieno in una serie di investigazioni volontarie, ostacolata più che aiutata da due strette consanguinee: la mamma Iole e la figlia Vittoria.

Il primo titolo della serie nel 2016

Tutto è nato nel 2016, con “La sposa scomparsa”, primo titolo delle tre detective del casello. Iole, madre e nonna, è una vitale settantenne che di stare tranquilla non ne vuole sapere affatto. Giovanile, esuberante e sessualmente attiva, costituisce l’anima hippie del trio, lei che figlia dei fiori è stata davvero, ai suoi tempi ed anche contestatrice anti-sistema, proto e post femminista.

Più anziana mentalmente, ma più giovane anagraficamente del terzetto, è la figlia di Libera, meno disinvolta e motivata della genitrice nelle indagini del terzetto, pur essendo una poliziotta vera. È in tensione con le altre due: trova la madre spesso inopportuna, impegnata a ingozzarla come una poppante, mentre l’altra è sempre pronta a correre dietro al primo maschio che le capita a tiro.

Vittoria non è nemmeno la più interessata ai pantaloni, come dovrebbe, visti i 25 anni. Se Iole non ha problemi col sesso forte e pratica ancora l’amore libero come nel ’68, Libera è invece in un momento di confusione, che la riporta alle ansie dell’adolescenza. C’è stato un uomo nella sua vita – anche se non è il caso di entrare nei particolari privati e spoilerare – e ci sarebbe posto per un altro, per dare sfogo alla sua creatività affettività, visto che quanto a quella floreale l’estro inventivo la porta ad usare perfino frutta e verdura per confezionare bouquet da sposa.

Un corteggiatore o un burlone?

In avvio della quinta avventura della triade specializzata in cold case, Libera è turbata dalle attenzioni di un ammiratore segreto, che da settimane lascia al casello omaggi floreali accompagnati da biglietti con frasi sdolcinate. Un corteggiatore o solo un burlone? I messaggi strappalacrime che accompagnavano il primo mazzo erano copiati dalla ristampa anastatica di una raccolta di perle botaniche datata 1898, un libretto sparito proprio dal suo laboratorio!

Ogni giorno pensa al mittente, augurandosi di non avere a che fare con cretino. Magari fosse Gabriele, il capo della figlia, l’unico al quale farebbe posto nel suo cuore. Non sono soltanto fiori e bigliettini a turbarla. Conserva in una cartellina un dossier, seppure minimo, sulla morte di Ribella Sgheiz, a Colico, nel 1946, materiale della Questura di Como fornitole dall’amica giornalista Irene, che le commissiona indagini su vecchi delitti da nuovi scoop, insieme al suo direttore, il Cagnaccio, uno che pretende tutto e subito.

Ribella Sgheiz, la nonna morta

Ribella è tanto vicina al trio. Questa volta non è solo la curiosità a spingere Libera. Era la moglie di Spartaco, la mamma di Iole, che aveva solo poche settimane quando la Sgheiz è morta e non ne parlava, mentre il babbo si limitava a negare che potesse essersi tolta la vita, con una bimba tanto piccola da accudire.

L’ombra di un suicidio aveva avvolto il caso. Ribella era uscita di casa un pomeriggio d’inizio agosto e aveva affidato la bimba ad una vicina, per un’oretta, non di più. L’avevano ritrovata qualche giorno dopo, in fondo ad una scarpata.

C’è una pietra bianca in mano a qualcuno, nel prologo, datato 8 agosto 1946, si legge in corsivo, poco prima di mezzanotte. Una vicenda questa che entra in pieno nel passato di Libera e della sua famiglia. La cartelletta in cui raccoglie gli scarni documenti è un pezzo della sua vita. È proprio vero quello che si legge in copertina sotto il titolo: il male fiorisce anche nel giardino più perfetto.

Consigliato agli amanti dei gialli brillanti.

Fabio Massimo

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