4 x 4…16
4 x 5…20
In un ritmo rigoroso, una tabellina ogni cinque passi.
Un saltello, quando la sequenza tocca il 10, con gli occhi al sentiero, per non rischiare di sentire sotto le scarpe la consistenza umidiccia di una salamandra: la nonna giura che è bestia del diaul.
5 x 2… non occorre neanche pensarci: questa è facile facile.
Ad ogni modo, quando sarà arrivata a scuola, le avrà ripassate tutte; pazienza se non resterà tempo per le orazioni del mattino ma, da quando la messa non è più in latino, ha percepito che Lonnipotente, oltre a vedere tutto tutto, è clementemisericordioso.
Come tutte le mattine di quell’ottobre, la nonna l’aveva svegliata quando il sole stentava ancora ad illuminare il prato davanti casa; una fetta spessa di pane da tuffare nel latte, dentro la tazza sbeccata, il grembiule nero da indossare, la cartella rigida in mano. Quindi il saluto della donna, con le poche parole nel dialetto che sdegna l’inutile: – Me racomande.
Con lo sguardo, ha seguito la bambina fin dove inizia quel sentiero assente da tutte le mappe, mentre, sull’uscio di casa – due stanze, la stalla ed il fienile – le mani callose si muovevano da sole, in gesti consolidati, ad acconciare la lunga treccia di fili bianchi.
Per la nonna che, nella sua vita grama, ha sopportato di tutto, il bosco non può rappresentare un pericolo. E la bambina si infila nel sentiero – potrebbe percorrerlo ad occhi chiusi – che l’accoglie serpeggiando, lì dove i gradini di radici la esortano a camminare attenta, ma fiduciosa.
Le è familiare ogni sasso; la fatica di alzarsi presto è ripagata dal sole che s’infiltra generoso tra le foglie rimaste dei castagni e dei frassini – in un andirivieni di schegge e bagliori, in trasparenze di luce – e dall’odore della terra imbevuta della guazza della notte che arriva come profumo alle narici, insieme a quello, delicato, degli ultimi, pallidi ciclamini. Intanto la nota persistente di un uccello – non può essere la civetta che la fa rabbrividire di notte e non porta nulla di buono – s’impone sopra i sussurri, i mormorii vaghi e i richiami, smuovendo la sonnolenza del bosco. Non la può intimorire la vista di una lucertola dalla coda mutilata o di un’orma sconosciuta lasciata sul sentiero; qui può arrivare solo il ramificare insolente dei rovi che s’insinuano a pungere le ginocchia.
Il mistero è fuori dal percorso, nel bosco circostante, lì dove il biacco ama ancora scaldarsi sui sassi scaldati dal sole o dove lei potrebbe perdersi, oppure – non sia mai – incontrare al matharol.
8 x2…passo passo, fino al punto in cui le ombre adagiate sui rami ingarbugliati fanno strani disegni sul terreno dove, prima di una svolta decisa del sentiero, ogni volta si ferma a sfiorare le conchiglie intrappolate dentro un masso che affiora tra le piante del sottobosco.
Anche se lei non sa come siano state scagliate lì – e il mare non l’ha mai visto – è come stiano congiungendo distanze, insinuando echi lontani. Ma stamattina non ha tempo di sostare; si accontenta di rigirare la mano nella tasca del grembiule dove un portafortuna c’è sempre: legnetto, castagna, o sasso che sia.
Ancora pochi giorni: ai primi di novembre la nonna chiuderà la casa nella radura del bosco per ritornare al paese con le mucche, e le galline starnazzanti legate per le zampe, da rinchiudere nella stalla e nel pollaio. La famiglia si riunirà e raggiungere la scuola sarà molto più semplice.
Adesso è proprio facile: 10 X 2 …
Se riuscirà a snocciolare le tabelline alla maestra con la scioltezza di ora, quasi sicuro che potrà fidare nell’indulgenza del Signoriddio per le preghiere mancate; in ogni caso, c’è sempre la possibilità di quella cosa che niente trascura, dal nome lungo – lesamedicoscienza – da fare alla prossima confessione.
La vista oramai si allarga con il bosco che si dirada.
Passo dopo passo, con i tutti i sensi in allerta, lontana dal mondo serio dei grandi, in una solitudine intrigante, anche oggi la bambina ha vinto la sfida tra le incertezze del bosco.
E ora, sotto la quiete di un cielo pacato, tutto intorno a lei congiura a moltiplicare la dolcezza di un autunno da assaporare, con il sipario degli alberi che si arrende al disegno perfetto del prato: una finestra spalancata – con le ultime mele sugli alberi e qualche graspo sulle viti spogliate – a reclamare la luce arancione ad inondarlo.