“Applausi a scena vuota” – David Grossman

David Grossman e l’umorismo ebraico


Voto: / 5

Man Booker International Prize 2017, David Grossman ha pensato per 24 anni “A Horse Walks into a Bar”, tradotto in italiano con “Applausi a scena vuota” e pubblicato nel 2015 in Italia. Dello stesso autore abbiamo pubblicato “Che tu sia per me il coltello“.

Ok, mio padre mi dice di non camminare sulle mani e io non lo faccio. Ma poi penso: e adesso? Come mi salvo? Capite? Come faccio a non morire se sto dritto?

Copertina "Applausi a scena vuota"

 

La trama di Applausi a scena vuota

Dova’le rintraccia un suo amico dopo quarant’anni che non si vedono. Vieni a vedere il mio spettacolo, gli dice, e dammi un’opinione. Il suo amico, che è il narratore di questa storia, ci va e scopre che lo spettacolo è un’esibizione di cabaret che sfiora il grottesco: dire barzellette non necessariamente coincide con l’avere senso dell’umorismo.

La serata prende una piega inaspettata. Il cabarettista Dova’le inizia a raccontare di quando la sua vita è cambiata per sempre, a quattordici anni, e il suo amico scopre di essere stato testimone inconsapevole di quel momento. Se si fosse interessato appena di più, si chiede, che vite avrebbero avuto? Quante vite parallele viviamo già?

 

Il punto

Partito da una storia tragica – un bambino mandato in fretta a un funerale senza sapere se fosse del padre o della madre – David Grossman è approdato a una ambientazione opposta: una commedia comica. Come gli spettatori, anche il lettore si trova bloccato, quasi soffocato da una narrazione fiume, priva di divisione in capitoli per 180 pagine, in cui la stretta viene aumentata dall’alternanza del discorso diretto e indiretto libero. È un caso eccellente dello “show, don’t tell”: non solo sappiamo, tramite le reazioni degli spettatori, che l’atmosfera si sta facendo pesante perché lo spettacolo di cabaret sta riuscendo male, ma viviamo l’imbarazzo sulla nostra pelle e vorremmo avere la libertà di pagare alla cassa e andarcene. Allo stesso tempo, restiamo inchiodati alla storia perché dobbiamo vedere come prosegue.

In risalto è la forza salvifica dell’umorismo ebraico, “più ironico e più adatto per approcciarti a una situazione paralizzante e non esserne vittima”, come David Grossman ha spiegato in un’intervista a “Vintage Books”. Il titolo originale si rifà infatti a un classico della barzelletta, la barzelletta per eccellenza, tanto emblematica che nel libro non viene nemmeno raccontata. Ci si concentra sulla potenza unica del joke, come potente argomento di conversazione anche quando non si ha nulla da dire.

Un lavoro piuttosto complesso, tanto che è stata impiegata una squadra di quindici traduttori per rendere le sfumature dall’ebraico.

Comunque, per inciso: un cavallo entra in un bar e chiede un caffè; gli fanno pagare doppio e quando il barman gli dice “Sa, non vediamo molti cavalli qui intorno”, lui gli risponde “Con questi prezzi non mi sorprende”.

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