Sampei: una canna fatta di magia

Penso siano davvero in pochi a non conoscere il giovane Sampei, protagonista, appunto, di Sampei, il ragazzo pescatore (o Tsurikichi Sanpei). La serie, del 1980, è tra le più lunghe mai realizzate in quel periodo: conta la bellezza di 109 episodi (anche se, stando a Wikipedia, ce ne sarebbero sei inediti).


Una serie realistica

Colpisce soprattutto per l’insolito realismo. L’autore, Takao Yaguchi, è un esperto pescatore e conosce a fondo la materia.

Ogni specie descritta in questo cartone animato esiste realmente, dalla più comune alla più strana: i Marlin Blu delle Hawaii; i Matsugoro, pesci che vivono nel fango; il Carassino Blu del lago Kainuma; il Salmerino con un occhio di Otarundani; la Carpa Dorata della montagna di Ou; e tanti altri.
I trucchi che Sampei escogita di volta in volta saranno bizzarri, forse anche un po’ assurdi, ma non hanno niente a che vedere con i mirabolanti e spettacolari colpi segreti esibiti dai vari sportivi suoi colleghi. Lui e gli altri personaggi trasmettono allo spettatore una serie di informazioni verificabili su un qualsiasi manuale di pesca.

L’invidiabile spirito di Sampei

Sampei vive lo sport con la massima spensieratezza, senza complicazioni o contorsioni mentali. Quando gli capita di illustrare le regole di certi tipi di pesca (in un episodio diventa l’insegnante di un ragazzo cieco), lo fa con una chiarezza invidiabile.
Qualunque sia la stagione, lo vedremo sempre vestire allo stesso modo: maglia bianca dalle maniche lunghe, pantaloni jeans, un ampio cappello di paglia e un paio di sandali infradito (waraji) che naturalmente d’inverno mette da parte.
Come pescatore si distingue per la costanza, la fortuna sfacciata e il talento innato. Gli basta osservare una sola volta una tecnica per poterla replicare tale e quale, il che stupisce e disorienta i suoi avversari. Ha compreso una cosa fondamentale: la vera sfida è sempre e solo con se stessi.
Ogni episodio descrive una nuova specie ittica che il ragazzo riesce invariabilmente a catturare, spesso battendo per abilità e astuzia un concorrente più esperto ma troppo sicuro di sé. A lui interessa soltanto mettersi alla prova e superare i propri limiti. Tanto è vero che, spesso, la preda viene restituita al proprio habitat naturale.
Pur di raggiungere il proprio obiettivo, il caparbio Sampei è capace di tutto, perfino di prendere un’enorme carpa blu aggrappandosi al suo corpo e rimanendo sott’acqua per svariati minuti. La pesca non è che un pretesto. O meglio, l’occasione per sottolineare l’importanza della vita trascorsa in comunione con la natura e nel rispetto di essa. Un atteggiamento che appartiene alla filosofia shintoista. Basti considerare che le città sembrano quasi non esistere. E l’ambientazione non si limita al solo paesaggio nipponico: la vicenda, infatti, si svolge in giro per il mondo. Sampei viaggia un po’ dappertutto: Hawaii, Canada, ecc.

I comprimari di Sampei

Attorno a lui gravitano altri personaggi, non meno importanti. C’è anzitutto l’amatissimo nonno Ippei, un vecchio saggio e affettuoso con il quale vive. Il nipote, infatti, è l’ennesimo orfano, anche se la sua condizione è transitoria. La madre non c’è più, ma il padre potrebbe essere ancora vivo. Poi c’è Yuri, la sua amichetta del cuore che se lo mangia con gli occhi, anche sei ha in testa solo amo e lenza. Pyoshin, invece, potremmo considerarlo il suo sensei. È severo, ma non raggiunge gli eccessi di altri Maestri. Tipo riservato, gli manca un occhio e insegna al ragazzo tutto quel che sa. Intanto che se lo porta in giro per il mondo, cerca notizie relative al padre, scomparso tempo prima (viene ritrovato, privo di memoria, proprio nell’ultimo episodio). Una curiosità: è doppiato da Massimo Lopez. Abbiamo, infine, il piccolo Shoji, un insopportabile moccioso che ha individuato in Sampei il proprio mentore. Non fa che chiamarlo “capo” e dire sciocchezze.
Ognuno di loro s’ispira a una persona reale. Il protagonista è l’autore stesso, Ippei suo nonno, Yuri la moglie e Pyoshin un amico conosciuto lavorando in banca. L’unico privo di un corrispettivo sembrerebbe Shoji.
Qualcuno ha rilevato che la serie animata, pur seguendo fedelmente il manga, se ne discosti nel finale. Pare, infatti, che il nonno Ippei muoia mentre sta confezionando per il nipote una delle sue rinomate canne da pesca. Dopo il funerale, Sampei e tutti i personaggi che hanno preso parte alla storia, si dirigono simbolicamente verso Tokyo.
La serie animata si conclude invece con il ritrovamento del padre di Sampei. Per lo meno credo. Non ne posso dare la certezza assoluta, perché fra tutti gli episodi trasmessi ho finito per perdermi proprio quello.
Sarebbe comunque interessante stabilire se la discrepanza sia intenzionale (non sempre le conclusioni del cartone animato e del fumetto coincidono), oppure provocata dalla disinvoltura tipica degli adattatori italiani.

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