Shoot in

Sei il cacciatore, il guerriero. Sei più forte di tutti gli altri che ci sono qui, ed è la tua tragedia.

Anne Rice

È durato un attimo.

Ma a lui è sembrato un’eternità.

La vista si sta già schiarendo. Riprende vigore a ogni secondo che passa.

Anche la nebbia perde consistenza. Diviene indistinta. Come le cose che vorrebbe tenere nascoste.

Il braccio destro pulsa ancora. E pensare che era finalmente riuscito a dimenticarsi di quella ferita. Ci ha pensato lei a rinfrescargli la memoria. Cosa non si fa per i vecchi amici.

Si sente lusingato da una stanchezza spessa come il piombo.

Gli piacerebbe davvero tanto lasciarsi cadere. E magari sprofondare pure un po’.

Ma non deve allentare la tensione.

Manca così poco.

Così poco.

 

Non lo aveva notato.

Il silenzio. Totale. Assoluto. Corposo. Se allungasse le mani potrebbe addirittura verificarne la compattezza.

Allora è finita…

Magari.

Ancora non può esserne sicuro.

Quello che appare sul visore è inequivocabile. Fumo scuro. Macerie sbriciolate. Rottami metallici. Pozze di liquido denso e bruno. Forse carburante. Forse altro. Rimarrà con il dubbio. Non crede sia il caso di andare a controllare. Fatica a muoversi.

Ma non dovrebbe avere ferite gravi. Se ne accorgerebbe. Quella sul braccio destro continua a pulsare, quasi volesse dirgli ci sono io quindi non devi preoccuparti di nient’altro.

Il resto del corpo gronda acido lattico. Trabocca di lividi, equamente distribuiti lungo tutta l’epidermide.

L’uniforme è strappata in più punti. Pazienza. Quando sarà il momento, la farà ricucire.

Controlla gli strumenti di bordo per vedere come vanno le cose.

Abbastanza male.

Non gli è rimasta molta energia.

Ne ha a sufficienza per un colpo.

Uno soltanto.

 

Chiudere gli occhi.

Tenerli chiusi.

Per un po’.

Senza la preoccupazione di doverli riaprire.

Sarebbe così bello.

Starmene qui.

Da solo.

Abbassare finalmente la guardia.

Dire al mio corpo che può rilassarsi.

E riposare.

A lungo.

Magari per sempre.

 

Così non va.

Deve essere più presente. Sgomberare la mente da inutili distrazioni. Rilassarsi ora sarebbe un errore.

Certo, il più è stato fatto. Ma ci sono ancora un paio di cose delle quali occuparsi.

In cielo è comparsa la luna.

Non è rossa.

Non ha aloni né colori insoliti.

È solo pallida. E spande intorno una luce incerta. Priva, però, dei soliti presagi di sventura.

Questo, però, non lo rassicura molto.

È buffo: ne parla sempre come di una cosa distante.

Invece è più vicina di quanto non vorrebbe.

 

Missione. Destino. Sacrificio. Dolore.

Le cifre della sua esistenza.

Gliele avranno ripetute fino alla nausea. Magari pensavano fosse deficiente. Oppure che non avrebbe afferrato il concetto se non dopo estenuanti insistenze.

Sei il Prescelto. L’unico che può farlo. L’umanità conta su di te. Quindi non puoi rifiutarti. Anzi, non devi. Che tu sia pronto o no. Che tu lo voglia o no. Sei un guerriero. Il Guerriero.

Non ha fatto una piega. Non ha protestato. Non si è ribellato. Ha accettato di buon grado un mandato del quale avrebbe fatto volentieri a meno.

L’ineluttabilità era il suo alibi. Andava avanti nella consapevolezza che se non l’avesse fatto lui, volontari non se ne sarebbero trovati.

Però adesso comincia a essere stanco.

Sono tutte balle. Dalla prima all’ultima. La verità è che nessuno voleva muovere un dito. Nessuno voleva sporcarsi. Così hanno tirato fuori la storia del Prescelto. E mi hanno messo in mezzo. Mentre io avrei preferito starmene nella mia fattoria. A suonare la chitarra sotto la luna. Senza prestare attenzione al colore della sua superficie. Fanno bene a parlare così. Tanto chi rischia sono sempre io. Mentre loro guardano. E incitano. Facendosela addosso ogni volta che mi succede qualcosa. Ah, ma dopo questa volta le cose devono cambiare. Sissì. O io non faccio più niente. Faccio come loro. Guardo e basta. Dopo voglio vedere.

Vorrebbe finisse tutto quanto.

Adesso.

 

Un movimento quasi impercettibile.

Alla sua sinistra.

Non se l’è sognato. Non è stata un’allucinazione. Qualcosa si è mosso. E lui l’ha visto.

Calmo, adesso.

Concentrati.

Ecco.

L’ha rifatto.

Lo sapeva che non era ancora finita. Bastava avere un po’ di pazienza. Qualche minuto e sistema tutto.

Vediamo.

Era sulla sinistra.

Là.

Si muove con cautela. La ferita sul braccio destro si è calmata un po’. Ma è sempre lì. Pronta a dire la sua. Ehi, ciao: sono qui. Va tutto male?

Dì che stia lì.

A lui non importa.

Tanto, quando sarà tutto finito, suo padre troverà certamente una cura definitiva. E potrà dirle addio. Senza rimpianti.

Adesso non ha tempo di pensare al dolore. C’è da fare. Eh sì. È proprio sulla sinistra.

Guardalo lì.

Lo sapeva che non l’aveva distrutto. Gli ha fatto molto male, sì. Ma non abbastanza.

Vorrà dire che adesso rimedierà.

Sorridi.

Voglio ricordarti così.

 

Il disco da combattimento non riesce più a richiudersi.

Qualcosa ne impedisce la trasformazione.

Meglio così.

Non dovrà impegnarsi più di tanto, per distruggerlo. Basterà scovare il punto debole. Non sarà difficile, con tutti i danni che gli ha procurato. Guarda che squarci. Uno lì. Uno lì. E un altro lì.

Non gli va di correre troppi rischi. Preferisce andare sul sicuro.

Trovato.

C’è un grosso buco al posto della testa.

Punterà lì.

È vero che ha un solo colpo a disposizione. Ma da quel punto l’energia dovrebbe irradiarsi a tutto il resto.

Bene.

Lo ha inquadrato.

È pronto a premere il pulsante.

Ora.

 

Il comando vocale rimbomba nel silenzio, spaventando a morte la pallida luna.

Tuono Spaziale.

Dalle corna dorate parte il raggio bianco e verde.

La notte esplode in una miriade di frammenti luminosi.

Adesso il disco da combattimento non si muove più.

L’Eroe può tornare a casa. Fino alla prossima volta. Che spera non sia tanto presto.

Goldrake, rientro.

 

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