“Siamo spiriti azzurri e stelle” – Gabriele d’Annunzio


Voto: 5 stelle / 5

Partiamo da un fatto di cronaca di cui si è occupato anche Roberto Giacobbo durante una puntata della sua trasmissione Freedom, in onda sulle reti Mediaset. Alle undici di sera del 13 agosto 1922, Gabriele D’Annunzio precipita da una finestra del Vittoriale picchiando la testa sul selciato del viale. Parliamo di un volo – che in seguito lo scrittore ribattezzerà «volo dell’arcangelo» – di ben tre metri e ottanta. Una roba, quindi, da non riderci tanto su. L’esperienza darà vita a “Siamo spiriti azzurri e stelle” (Giunti, 1995).


Un incidente quasi fatale

Che fate qui?
Pensate alle vostre notti
Separiamoci per riposare.

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La dinamica dell’incidente è tuttora avvolta dal mistero. Perché la caduta potrebbe non essere stata accidentale, ma provocata da una delle due sorelle Bàccara, presenti al momento nell’abitazione dell’autore. Difficile anche stabilire quanto vi sia di accidentale o di intenzionale nella caduta.

Al capezzale di d’Annunzio accorrono allora due medici: il Dottor Antonio Duse, suo medico curante, e Francesco D’Agostino, il chirurgo che lo operò dopo l’incidente aviatorio del 1916.

Delirio dannunziano

Dal 17 al 27 agosto i due medici prendono a registrare le parole deliranti pronunciate dallo scrittore in seguito alla capocciata subita. Ne viene fuori appunto il volume “Siamo spiriti azzurri e stelle”, pubblicato dall’editore Giunti e presentato come diario inedito, sia pure indiretto (non è infatti di pugno dell’autore).

Il libro, oltre a un’introduzione di Pietro Gibellini, prevede tre diverse sezioni:

  1. Testo cronologicamente ricostruito: in pratica, le registrazioni dei due medici vengono riportate l’una di fianco all’altra.
  2. Edizione critica del testo di Antonio Duse.
  3. Edizione critica del testo di Francesco D’Agostino.

Una fonte d’ispirazione

Come credo ogni scrittore, D’Annunzio non mancava certamente di utilizzare a fini letterari quanto gli accadeva. Il misterioso incidente occorsogli al Vittoriale è stato da lui sfruttato in altri due testi. Detto proprio in moneta spiccia: una volta recuperata la propria lucidità, ha approfondito e sviluppato alcune delle frasi pronunciate durante il delirio.

Due di essi sono contenuti nel Libro ascetico. Si tratta di “Commento meditato a un discorso improvvisato” e di “Agli uomini milanesi”. Per l’Italia degli Italiani. Un terzo testo costituisce L’ “Avvertimento” al libro segreto.

Spiriti azzurri e stelle: un testo decisamente singolare

È difficile esprimere un giudizio circa questo inedito dannunziano. E per diversi motivi.

Innanzitutto perché non si tratta di un diario vero e proprio. Per lo meno non nel senso abituale che attribuiamo a questa parola. Sono appunti presi dai medici che hanno assistito lo scrittore dopo la gran botta.

E poi ci troviamo di fronte a frasi che mancano totalmente di lucidità, sebbene una loro logica in fondo la possiedano. Colpisce soprattutto come d’Annunzio le consideri notazioni da rielaborare in testi successivi, tenendo presente che l’autore pescarese è in una fase meno magmatica e più riflessiva rispetto al passato. Prevalgono insomma la meditazione e lo scavo interiore su ogni altro elemento della sua scrittura.

In ogni caso, quali che ne siano le modalità, rimane pur sempre un testo di uno scrittore con il quale non si possono non fare i conti.

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