“Una bambina perduta” – Torey L. Hayden


Voto: 5 stelle / 5

Dopo anni di silenzio Torey L. Hayden torna in libreria ed è una buona notizia per gli estimatori della psicologa infantile autrice di bestseller internazionali. Il suo nuovo titolo, “Una bambina perduta” (372 pagine, 18,60 euro) è disponibile da maggio 2020, sempre con la copertina Corbaccio, casa editrice italiana che pubblicò in Italia il primo lavoro ed enorme successo della psicoterapeuta americana trapiantata in Galles da quaranta dei suoi quasi settant’anni, “Una bambina”, nel 1993.


“One child “ apparve nel 1980

In lingua originale, “Una bambina perduta” era apparso nel 1980, compiendo presto il giro del pianeta, tradotto in una trentina di lingue. Un libro di culto, per il contenuto “disturbato”, come la psiche della giovanissima di cui trattava. Un testo in parte agghiacciante, come il comportamento patologico della bambina e comunque rivoluzionario, per la carica emotiva che lo distingue.

Da allora, Victoria Lynn Hayden, docente universitaria di psicopatologia dell’età pediatrica e scrittrice che ama raccontare le sue esperienze professionali con bambini e bambine problematici, ha dato alle stampe una decina di titoli ed ogni volta i lettori si sono posti il quesito sul genere col quale avevano a che fare. Non un saggio, non un romanzo, non un reportage, non un’agenda di casi scientificamente interessanti o almeno non solo l’uno o l’altro di tutti questi tipi, ma un po’ di tutto.

Corbaccio risolve il rebus comprendendo questa nuova fatica della Hayden in una collana di saggi, ma ci sta decisamente stretto. È molto efficace la classificazione anglosassone non-fictional narrative, difficile da tradurre, visto che sconfina nell’ossimoro, finendo per negare quello che afferma: narrativa non immaginaria, grosso modo. L’efficacia sta nel mettere il pubblico sull’avviso: entriamo in un’area non definita tra la realtà e un po’ di fantasia, aggiunta dall’autrice, che riconosce di aver voluto proporre storie autentiche senza essere costretta però a rispettarle del tutto e senza farsi paralizzare dal rigore scientifico indispensabile invece in un saggio.

Scrive di getto

Torey si lascia sempre la libertà di aggiungere del suo, di non essere necessariamente ortodossa quando nell’esposizione di una vicenda autentica si trova davanti a un nodo insuperabile, se non emancipandosi dai fatti veri, dalle dinamiche e dalle conseguenze reali.

Certo, serve grande sensibilità per ottenere un equilibrio tra non fiction e fiction e di sensibilità, empatia ed esperienza ne ha da sempre. Scrive (non)romanzi, quindi e lo fa di getto, come se volesse affrancarsi dal peso delle vicende incontrate nell’esercizio della professione: ipotesi grossolana questa, da psyco-profani, ma forse si avvicina alla realtà. Dopotutto, il primo dei suoi lavori, il mitico “One child” di cui si è detto, lo ha scritto in appena otto giorni. Quasi 250 pagine, un fiume in piena.

In quel libro, Sheila aveva 6 anni, qui Jessie Williams ne ha 9. E disegna. Vive in una casa-famiglia per minori a Glan Morfa, nel Galles. Quando Torey la incontra, nella stanza-dove-deve-tirar-fuori-dal-caos-il-bambino/a-e-riuscire-a-parlargli, la bimba si presenta con uno sguardo sorridente, amichevole.

Una bugiarda patologica

L’hanno vestita in modo piuttosto antiquato, abitino di cotone e cardigan beige, tanto anni ’70. Ha capelli

Victoria Lynn Hayden

rosso tenue e occhi di un verde intenso. Sembra piccola, dimostra meno dei suoi anni. Incantevole? Ammesso che ci sia stato, l’incanto finisce subito. Nel colloquio, la psicologa si accorge che la bambina è capace di mantenere il controllo delle situazioni anche nei confronti degli adulti. Cerca insistentemente di manipolarli. È una bugiarda patologica, nel giro di pochi minuti afferma di avere donato i capelli ad una bambina affetta dal cancro, di soffrire di intolleranze alimentari, di avere un fratello maggiore in Svizzera e d’essere posseduta dal demonio. Dice di avere il maligno in corpo e anche se nessuno le crede, “dovranno” crederle.

Quando si sente contraddetta o al solo atteggiamento dell’interlocutore che interpreta come negativo, prende a disegnare scarabocchi con movimenti rabbiosi, scatti violenti della mano, gesti che accompagna ansimando, facendo fatica.

Gravidanza non  voluta

La mamma si è accorta d’essere incinta, per la quarta volta, a quasi 50 anni. Aveva attribuito a lungo all’età certi fenomeni fisici, scoprendo di attendere quand’era troppo tardi per abortire. altrimenti l’avrebbe fatto certamente, pur di liberarsi della seconda gravidanza indesiderata, un altro incidente dopo la nascita di una bimba, ora di otto 8 anni, in aggiunta alla primogenita di 20 e alla seconda di 18, andate a vivere per conto loro. Il padre pittore, un libertario incapace di impartire una corretta educazione, non vendeva abbastanza da mantenere moglie e terza figlia, figurarsi con l’incomodo di Jessie. Era stato costretto a rinunciare alla creatività e ad occuparsi in una fabbrica d’auto.

L’ultima arrivata era nata prematura, aveva passato tre settimane in incubatrice, crescendo agitata, senza sonno. Rifiutava il seno, vomitava il latte dopo ogni poppata. Le spese aggiuntive avevano stremato l’economia familiare. Se le cose si erano aggiustate dopo il primo compleanno, arrivati all’età scolare per la mamma era vivace e solare – a parte il tentativo di torturare il cane – ma per l’insegnante mostrava evidenti deficit relazionali e una tendenza alla piromania che aveva già provocato danni per parecchie sterline.

Da leggere fino in fondo

Al crescere dei comportamenti distruttivi, la famiglia aveva contestato l’intervento d’ufficio dei servizi sociali, sollecitando non aiuto ma né più né meno che l’allontanamento della bambina.

Era entrata in casa-famiglia con la diagnosi di un disturbo reattivo dell’atteggiamento, per non essere stata accettata nei primi anni di vita.

Lindsay avrà parecchio da fare per sostenere la piccola paziente ed avviarla ad una vita normale. Come sempre nei suoi libri, è affascinante seguire il percorso psicoterapeutico. Vale la pensa di leggere il suo testo fino in fondo, di qualunque genere sia, perché ha una conclusione, un risultato. una fine.

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