“Una famiglia americana” – Joyce Carol Oates


Voto: 5 stelle / 5

“Una famiglia americana” è un romanzo di Joyce Carol Oates del 2014, pubblicato in Italia da Il Saggiatore. L’ho letto perché scelto dal gruppo Book Club Italia come lettura condivisa di giugno e perché l’autrice è stata la protagonista dei mesi di maggio e giugno di #scrittriciatuttotondo di Marlah.

Trama di Una famiglia americana

Il narratore è il minore dei figli Mulvaney. Lui ricostruisce una vicenda che ha portato la famiglia, persone semplici di fattoria, alla disintegrazione. C’è qualcosa che capita a sua sorella Marianne quando è ragazza, e da questo evento si scatena un imprevedibile effetto domino che porta grandi cambiamenti in ogni membro della famiglia. Il titolo originale di questo romanzo, infatti, è “We were the Mulvaney”, “Eravamo i Mulvaney”, che è anche l’ultima frase di tutto il romanzo.

Troviamo tante emozioni contrastanti: la vergogna, la rabbia, il perdono. Appare chiaro come nessuno sia impermeabile alla cattiveria o alle interferenze della società.

Recensione

Questa è la mia prima Oates e ne ho apprezzato le ruvidità. Inizialmente non riuscivo a entrare nella storia, un po’ anche a causa di tutti i nomignoli famigliari – che però a un certo punto, per fortuna, vengono ricapitolati e messi in ordine. Inoltre, per capire fino in fondo un certo evento dobbiamo andare oltre le allusioni e le frasi smozzicate e aspettare il momento in cui la voce narrante ci racconta bene cosa è accaduto.

Il romanzo ha basi solide, che mi hanno fatto pensare alla narrativa di Steinbeck o di Franzen. Anche la Oates si concentra sulle storie famigliari e le loro dinamiche. Intuiamo un po’ anche cosa voglia dire vivere in un Paese dispersivo e crudele.

Ho trovato scorrevole la lettura del romanzo. Mi ha fatto pensare a Franzen perché ogni personaggio ci viene presentato da vicino, con la sua storia personale, a volte occupando anche più capitoli.

Troviamo una madre fragile, che non ha gli strumenti culturali adatti per gestire quanto è capitato alla figlia, e un padre che trova nell’allontanamento l’unico modo per proteggerla.

Il finale è divisivo. Buonista, falso, cinico, oppure ottimista, speranzoso, necessario? Ai posteri l’ardua sentenza.

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