“Zio Vanja” – Anton Čechov – Kriszta Székely

Zio Vanja


Voto: / 5

Di tutte le opere teatrali del maestro Anton Checov, “Zio Vanja” rimane senz’altro una delle più attuali. La regista ungherese Kriszta Székely (al suo esordio in Italia ma già famosa nel suo Paese d’origine) ha senz’altro intessuto una prospettiva particolare su questo capolavoro tragicomico, andato in scena al Teatro Carignano di Torino dal 7 al 26 gennaio 2020. Quest’opera, trasportata in epoca moderna e portata sul palcoscenico da un cast brillante guidato da Paolo Pierobon nel ruolo di Vanja, ci dimostra perché Checov si può e, soprattutto, si deve leggere ancora oggi.


Sinossi

Il regista in pensione Serebrijakov e la sua seconda moglie, la bella e molto più giovane Yelena, visitano la loro tenuta di campagna gestita da Vanja, fratello della prima moglie. Stanco e annoiato dalla vita di provincia, Vanja cade vittima del fascino di Elena, così come il medico locale Astrov, che fa il suo lavoro coscienziosamente ma ha perso ogni idealismo. Quest’ultima, inoltre, non ricambia l’amore di Sonja, la figlia che il regista ha avuto dalla sua prima moglie e che lavora con Vanja nella tenuta. Le cose si complicano quando il vecchio regista annuncia al resto della famiglia la sua intenzione di vendere la proprietà.

 

Recensione

Quest’opera satirica vanta la presenza di un cast stellare che ha fatto spiccare ogni singolo ruolo in maniera unica e coinvolgente, ma il merito di questa produzione va certamente attribuito a due dei protagonisti, Paolo Pierobon e Beatrice Vecchione, rispettivamente Vanja e Sonja.

L’interpretazione di Paolo Pierobon è stata senz’altro una delle più convincenti che abbia mai avuto il privilegio di vedere. Il suo Vanja è viscerale ed intenso, quasi straziante. Pierobon è riuscito a prendere un personaggio insofferente e cinico e a dargli una nuova dimensione di sofferenza intima ed esistenziale che tocca chiunque lo guardi. Nonostante si tratti di un personaggio moralmente ambiguo, l’effetto è che lo spettatore riesce a sentire il dolore di Vanja come proprio, e si trova ad empatizzare con lui anche nei suoi momenti più bui.

Nonostante arrivassi allo spettacolo con aspettative già considerevolmente alte, niente avrebbe potuto prepararmi all’incredibile talento di Beatrice Vecchione nel ruolo di Sonja. Personaggio spesso sottovalutato sia dagli spettatori che dagli altri personaggi, la Sonja di Vecchione è genuina, sincera. Ciò che accomuna tutti i personaggi della commedia è un continuo affliggersi senza effettivamente tentare di migliorare la propria situazione, ma la Sonja di questa produzione si distingue per la sua natura caparbia e speranzosa: in un mondo che va lentamente a pezzi intorno a lei, si rifiuta di arrendersi all’autocommiserazione come il resto dei personaggi, ma continua a perseverare e a credere in un domani migliore per lei e suo zio Vanja.

Il Teatro Carignano di Torino aveva già messo in scena una produzione di “Zio Vanja” nel 1979, diretta da Mario Missiroli. Entrambe le versioni utilizzano una struttura a due piani per l’ambientazione, che rimane ferma sul palcoscenico mentre i personaggi entrano ed escono di scena. Ma mentre Missiroli aveva optato per una scenografia elaborata e fedele all’epoca in cui era ambientata l’opera originale, così come i costumi, Kriszta Székely ricorre ad un’estetica più semplice e minimalista, oltre che più vicina ai giorni nostri. Scelta audace ma decisamente azzeccata, in quanto permette allo spettatore di concentrarsi unicamente sull’incredibile recitazione, e rende possibile assorbire il messaggio complessivo del testo al di fuori delle sue coordinate storiche, provando così che Checov è ancora assolutamente attuale.

Giorgia Larocca

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