“2034” – Elliot Ackerman e James Stavridis


Voto: 4 stelle / 5

“2034” di Elliot Ackerman e James Stavridis (ottobre 2021, SEM Editore, traduzione di Anita Taroni e Stefano Travagli) è un thriller geopolitico di scottante attualità. Ipotizza lo scoppio di un conflitto in un futuro prossimo che ha i contorni del presente. È questo il segreto del suo successo.

Ringraziamo la casa editrice SEM per la copia cartacea in omaggio.

Un genere amato da editoria e pubblico

Le proposte narrative sul prossimo conflitto non si contanto, specie nel mondo anglosassone. Cito solo “La terza guerra mondiale” del generale Hackett (1978, Rizzoli) e “Uragano rosso” di Clancy (1989, Rizzoli). Recentissimo è “Per niente al mondo” di Ken Follett (2021, Mondadori), pubblicato a due settimane di distanza da “2034” che immagina una guerra nucleare tra Cina e Usa in un futuro non lontano.

Follett è uno scrittore. Stavridis è un ammiraglio con una prestigiosa carriera militare, politica e giornalistica. Ackermann, prima di sfornare best seller, ha servito il suo Paese nei Marines e nelle Forze Speciali.

Questo romanzo, scritto a quattro mani da chi conosce la politica dall’interno, mutua dal techno thriller alla Clancy e Crichton una complessa trama, attenta agli aspetti logistici, militari e tecnologici. Infatti la vicenda decolla quando un’offensiva informatica cinese disattiva una divisione navale degli Stati Uniti.

Non si tratta di una tecnologia fantasiosa, di cui il lettore avverte la distanza letteraria, ma più avanzata di quella odierna. L’impatto emotivo è forte.

Il versante distopico, invece, si interroga riguardo le conseguenze di un attacco nucleare, quando i Paesi emergenti dettano nuovi equilibri internazionali.

Trama di “2034”

Una narrazione filmica a montaggio alternato presenta in rapida successione tre eventi che si svolgono in altrettanti punti del globo. A seguire, l’azione rimbalza a Pechino, Nuova Delhi, Kansas City, Newport e Isfahan, che però non ci incanta con la magia dei suoi palazzi. Infatti il paesaggio viene generalmente osservato in un’ottica militare, oppure prevalgono gli spazi chiusi degli ambienti del potere.

La vicenda si svolge tra il 2034 e il 2039. Consente al lettore di affrontare con curiosità, timore, angoscia le paure collettive che appartengono all’oggi.

La nave ammiraglia della Marina Militare degli Stati Uniti cade in un’imboscata durante una missione di pattugliamento nel mar Cinese Meridionale. All’improvviso tutte le strumentazioni sono fuori uso. Trentasette navi vengono affondate.

Un pilota americano impegnato in un delicato test di volo sopra lo stretto di Hormuz, perduto il controllo del velivolo che non risponde ai comandi, viene fatto misteriosamente atterrare sul suolo iraniano. Diventerà merce di scambio.

Nel frattempo a Washington, la Casa Bianca è ostaggio di un blackout intermittente, orchestrato a scopo dimostrativo dalla Repubblica Popolare Cinese. La capitale, già intrappolata dalla neve, è in tilt.

E così comandante, aviatore e viceconsigliere per la Sicurezza Nazionale capiscono di far parte di un disegno noto nella sua completezza solo all’avversario. Ignorano che a conoscere l’effettiva portata degli eventi ci siano soltanto sei individui.

A questo punto la storia prende una piega inaspettata, perché spesso i risultati non coincidono con obiettivi, speranze, desideri.

Recensione

Anche se la trama è di fantasia, gli agganci con l’attualità sono numerosi.

A me sembra plausibile che gli autori abbiano riproposto in chiave bellica l’accordo di cooperazione tra Cina ed Iran che, siglato a marzo 2021, sta entrando in fase attuativa. Teheran si impegna a garantire risorse energetiche alla Cina, sua principale partner commerciale. Pechino ad investire in settori di primo piano tra cui informatica strategica e cybersecurity. Tra i due Paesi antiamericani, è il Dragone a dettare le regole: l’Iran è la porta ideale verso il Medio Oriente.

E se questa partnership economica si trasformasse in un’alleanza militare antiamericana?

Lo stretto di Hormuz, che mette in comunicazione Golfo di Oman e Golfo Persico, attualmente è una delle rotte più importanti per il commercio del petrolio via mare, dal 2019 al centro di una crisi diplomatica tra Iran e Stati Uniti.

Se l’Iran decidesse di eliminare la presenza americana sul golfo Persico? E se la Russia, da sempre affamata di sbocchi sul mare significativi, volesse conquistare lo stretto? E la Cina rivendicasse il totale controllo del mar Cinese Meridionale? Questi non sono scenari fantastici.

Il quinto dominio del conflitto

La guerra cibernetica, su cui è costruito questo romanzo, purtroppo nell’ultimo decennio ha smesso di essere una fantasia letteraria o cinematografica.

A riguardo, le questioni sollevate da Ackerman e Stavridis sono quattro e pericolosamente vicine a noi.

La rilevanza strategica e le modalità di una guerra inedita. Pervasiva, priva di connotazioni militari tradizionali. Combattuta in uno spazio antropico e ubiquo dove il nemico non si vede.

Il vulnus dell’informatizzazione, punto di forza e criticità, dal momento che come osservano gli specialisti lo spazio cibernetico è un moltiplicatore di minacce su comando e controllo. Le incognite delle strategie di deterrenza.

Perché leggere “2034”

Questo thriller ci obbliga a ripensare al culto della tecnologia e alle insidie del cosiddetto quinto dominio del cyberspazio.

La lettura è scorrevole, malgrado tecnicismi e continui cambi di scena.

Ben costruiti i personaggi la cui personalità non rimane nell’ombra. Per esempio il lettore incontra il Commodoro e il pilota non solo quando sono impegnati in un lavoro di alto profilo, ma anche mentre sembrano fondersi con il loro elemento naturale. L’acqua e il cielo. Il privilegio di solcare un mare “piatto come una lastra di vetro.” L’unicità di “quella sensazione” che solo il volo ad alta quota regala.

Il vicecommissario per la Sicurezza Nazionale è un marito separato di origine indiana, che non dimentica i suoi doveri di padre e il legame con la sua terra.

Una lettura al maschile in cui a comandare sono le donne. In questo caso la fantapolitica non c’entra: la parità di genere è una realtà nelle forze armate americane e nei vertici politici di molti Stati. Anche nel nostro Paese un presidente donna non sembra un’opzione lontana.

“2034” di Ackerman e Stavridis è un bel thriller dalla vocazione cinematografica che presto, sono certa, troveremo sul grande schermo.

Perché ci aiuta a capire che – specie nell’attuale sconcerto derivante dalla scontro Russia Ucraina -, c’è una sola domanda alla quale dobbiamo rispondere: cosa impedisce lo scoppio della Terza Guerra Mondiale?

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