“Almarina” – Valeria Parrella


Voto: 5 stelle / 5

Tra i finalisti del Premio Strega 2020, si colloca al terzo posto “Almarina” di Valeria Parrella (Einaudi 2019), già presente nella cinquina della XII edizione del Premio Letterario Città di Rieti. È un romanzo breve, ma denso, pregnante e struggente, che cattura per l’intensità dello stile e la potenza della parola.

Di Valeria Parrella abbiamo recensito anche “La fortuna“.

Trama di Almarina

Tra le isole Flegree che si stagliano nel golfo di Napoli, c’è Nisida, splendida e misteriosa, sconosciuta ai più e inaccessibile in quanto sede dell’Istituto Penale minorile di Napoli, isolato dal contesto urbano e difficilmente raggiungibile.

È qui che si reca ogni mattina Elisabetta per insegnare matematica ai giovani detenuti. Percorre le vie di Napoli meravigliosamente silenziose alle prime luci dell’alba, supera i controlli. Lascia nell’armadietto, insieme alla borsa, tutto il suo mondo passato e presente di dolore e solitudine ed è all’interno di una nuova realtà.

“Se si vuole che Nisida salpi, bisogna sciogliere il nodo marinaio che la tiene attraccata alla sua città regale, se si vuole essere liberi, ci si deve sentire liberi.”

Un giorno, nella sua classe arriva Almarina, una ragazza romena di sedici anni. E’ in fuga da un passato di orrori indicibili, ma con una luce particolare negli occhi che non lascia indifferente Elisabetta. Comincia da qui un graduale avvicinamento tra le due donne così diverse, eppure unite dalla sofferenza. Attraverso piccole attenzioni e complicità, cresce l’affetto e pian piano nell’animo di Elisabetta, si fa strada la possibilità di offrire un destino diverso alla giovane ragazza.

Recensione

Esiste un tempo sospeso quando si varcano i cancelli di una prigione: il passato è da dimenticare, il presente difficile da accettare e il futuro fa paura. Non è facile insegnare in un contesto così duro. Non è semplice seguire un programma perché spesso c’è un lavoro di alfabetizzazione di base da risolvere; si evitano le note perché alle spalle c’è già una condanna più dura che incombe; non c’è continuità perché i ragazzi possono essere trasferiti improvvisamente e l’insegnante resta con il compito in mano, senza sapere più nulla del destino dell’alunno.

“Vederli andare via è la cosa più difficile, perché: dove andranno. Sono ancora così piccoli, e torneranno da dove sono venuti, e dove sono venuti è il motivo per cui stanno qui”

Elisabetta Maiorano si scontra ogni giorno con questa realtà e con un’altra ancora più triste che si porta nel cuore. La vita le ha lasciato ferite profonde dentro. Vedova e sola, ha alle spalle un passato doloroso, che emerge a tratti con abili pennellate stilistiche. Il suo carico di umanità e di coraggio le permetterà di rialzarsi e ricostruire una nuova vita, nonostante le notti insonni e i cavilli burocratici da affrontare.

La scintilla di vita che si è accesa in lei ha un nome e un volto: Almarina. La giovane romena è fuggita da una triste realtà di violenza e di abbandono, ma c’è in lei un barlume di speranza ed una tenace volontà di guardare in faccia il futuro, nonostante le sue incognite. A tenerla in vita è il pensiero del fratellino, fuggito con lei e affidato ai servizi sociali, la passione per i profumi e l’affetto della sua insegnante. È così che proprio tra le mura del carcere minorile, proprio lì dove si è privati di tutto, Almarina riscoprirà il senso di libertà e comincerà a vedere nuovi orizzonti oltre le sbarre.

Lo stile

La narrazione è condotta in prima persona. Valeria Perrella ci introduce nell’animo di Elisabetta e ci offre un racconto potente, affascinante, limpido e reale. Senza ricorrere a lunghe descrizioni o a periodi complessi, l’autrice utilizza uno stile fatto di immagini, ricordi, sensazioni. I pensieri sembrano sussurrati, evocati e la tensione narrativa è palpabile pagina dopo pagina.

“Almarina” non è un romanzo da leggere tutto d’un fiato perché ogni parola è carica di significati: può trasformarsi in un macigno o in una carezza leggera. Necessita del giusto tempo per essere interiorizzata. Talvolta ci si ferma, si rilegge, si riflette. La parola così entra dentro, nel profondo, e trova un angolo di cuore pronto ad accoglierla.

È una struttura narrativa che rapisce, incanta, infonde emozioni e fa riflettere sul senso profondo della famiglia, dell’amore, della libertà, della responsabilità verso l’altro, del ruolo dello Stato. Nella sua semplicità è in grado di riportare indietro nel tempo, al mondo classico della grande tragedia greca. Riecheggia, infatti, tra le pagine del libro, la potenza dell’Antigone sofoclea nel richiamo ai diritti umani e al senso di civiltà.

Commenti