Sofocle (495 – 405), nato ad Atene da un’agiata famiglia, è conosciuto come uno dei primi grandi tragediografi mai esistiti, insieme ad Eschilo ed Euripide. Di tutta la sua vasta produzione – pare oltre 120 opere – sono giunte ai giorni nostri intere solo 7 tragedie: Antigone, Edipo re, Edipo a Colono, Aiace, Filottete, Trachinie ed Elettra.
In “Antigone”, che abbiamo letto nella traduzione di Giovanni Greco ( Universale Economica Feltrinelli – I Classici 2015), Sofocle torna a raccontare la saga tebana concentrandosi nell’Antigone su un particolare momento della complessa vicenda che ha coinvolto e reso immortale Edipo e la sua discendenza.
Trama di Antigone
All’indomani dello scontro che ha visto opporsi i due eserciti di Tebe ed Argo e i due fratelli-gemelli Eteocle e Polinice, le due sorelle Antigone e Ismene si confrontano. Antigone è intenzionata a violare l’editto che il tiranno della città, nonché loro zio, Creonte ha emanato e che vieta la sepoltura di Polinice perché traditore della patria. Ma Antigone tenta per due volte di seppellire il fratello, finché non viene arrestata e tradotta di fronte a Creonte, che la condanna a morte.
Interviene allora Ismene che tenta di mitigare la sentenza ricordando al tiranno che Antigone è la promessa sposa del figlio Emone. Creonte appare irremovibile. Anche Emone tenta di dissuadere il padre, ma tutto ciò che riesce ad ottenere è che la giovane non venga uccisa ma rinchiusa con poco cibo in una grotta fuori dalla città, così che muoia di inedia.
Compare poi l’indovino Tiresia che avvisa il sovrano dei rischi che corre a causa della propria condotta così ostinata; le parole di Tiresia convincono Creonte a recedere dai suoi propositi, ma ormai potrebbe essere troppo tardi…
Recensione
Antigone, rappresentata per la prima volta ad Atene nel 442 o nel 441 a.C., riscosse subito un grande successo. La fortuna di questa tragedia, indissolubilmente legata alla sua protagonista, si è tramandata d’epoca in epoca, al punto che ancora oggi Antigone gode di una fama enorme perché è una storia senza tempo e senza patria, perché come in tutte le tragedie è l’animo umano ad essere protagonista, perché è la storia dell’irrimediabile forza di un destino che non lascia scampo.
Antigone è il conflitto per eccellenza, che si colloca addirittura alla base della civiltà e del vivere associato, quel conflitto che il filosofo Massimo Cacciari, traduttore tra l’altro della tragedia per un’edizione Einaudi del 2007, ha sintetizzato nell’opposizione tra legge positiva e legge divina. Antigone è in generale scontro tra le ragioni del pubblico e quelle del privato, tra il contratto sociale e i legami di sangue, tra le leggi della polis e l’oikos, la casa, gli affetti della famiglia.
Mille interpretazioni sono state date alla tragedia e alla sua eroina, altrettante riscritture e rappresentazioni sono state realizzate, ogni volta indagando nuovi aspetti, portando alla luce nuove similitudini con le più diverse situazioni.
Collegamenti
Di particolare interesse è stata per me la lettura di un articolo di Sotera Fornaro datato 30 agosto 2020. La studiosa sarda ha paragonato la giovane Antigone a Ebru Timtik. Si tratta di un’avvocatessa curda morta il 27 agosto 2020 dopo 238 giorni di sciopero della fame, in nome di un processo equo dopo quello che nel 2018 l’aveva condannata a 13 anni di carcere con la falsa accusa di appartenere ad un gruppo terrorista.
I punti di contatto tra le due donne sono infatti molteplici. Tutte e due si sono opposte ad un tiranno, a leggi contro l’umanità; entrambe si sono offerte alla morte per non sottostare ad una condanna ingiusta. Ebru Timtik si è lasciata morire in carcere di fame, la stessa sorte che sarebbe dovuta toccare ad Antigone se non si fosse prima impiccata. Come Creonte che si “è lavato le mani” della morte della giovane disponendo che venisse abbandonata in una grotta con pochi viveri, così lo Stato turco ha disposto il trasferimento di Ebru Timtik in ospedale perché la donna non morisse in carcere macchiando il nome del governo.
Ma non solo Ebru Timtik è un’Antigone moderna, contemporanea; protagonista di un dramma immortale, capace di apparire attuale anche dopo millenni, Antigone vive ancora oggi dentro chiunque chieda giustizia, la giustizia assoluta, e chiunque muoia convinto che la propria morte renderà eterna l’esigenza di giustizia. Le Antigoni dei nostri giorni sono ancora tante e non sono soltanto donne, ma persone, maschi e femmine, le cui voci si sentono perché sono sempre quelle fuori dal coro e perché farle tacere significa renderle ancora più forti.
Jessica Rancati