“La vendetta del professor Suzuki” – Isaka Kotaro


Voto: 3 stelle / 5

“La vendetta del professor Suzuki” di Isaka Kotaro, edito per la prima volta nel 2004, è un romanzo fresco di stampa per Einaudi Stile Libero con la traduzione di Bruno Forzan. L’ autore, classe 1971, è noto per il noir comico – ferroviario “I sette killer dello Shinkansen” da cui è stato tratto il film d’azione “Bullet train” con Brad Pitt.

A me sembra un romanzo più strano che originale, che rischia come l’altro di essere sopravvalutato. Solo dopo una cinquantina di pagine ne ho colto lo spirito, che ho apprezzato con moderazione a corrente alternata. Infatti l’intera vicenda è filtrata da un umorismo nero i cui benefici sono pari ai costi. A volte ti strappa un bel sorriso come I Simpson. Altre lascia indifferenti o perplessi. Alcuni capitoli mi sono sembrati una perdita di tempo.

Trama de La vendetta del professor Suzuki

Che il rappresentante di un’azienda di cosmetici sfoderi l’intero repertorio persuasivo per abbindolare i clienti, è una prassi consolidata. Ma drogare e sequestrare due potenziali acquirenti è un altro paio di maniche. Specialmente se il venditore, piazzista tirocinante, è anche un professore di matematica.

Sono numerosi i politici corrotti che, travolti dallo scandalo, si tolgono la vita. Più insolito il caso di un vero professionista che li convince a uccidersi. Un killer poco versato nell’arte della mediazione e lettore compulsivo di “Delitto e castigo”. La sua specialità è obbligare la vittima di turno a levarsi dai piedi con un suicidio ben orchestrato. Lettera ai famigliari compresa.

Se è una disgrazia essere travolti da un’auto mentre si attende al semaforo, che dire se alle tue spalle c’è qualcuno che ti butta deliberatamente sulla strada? E che per di più fa dello “spingere” la sua professione?

Queste sono solo alcune delle situazioni assurde, surreali, politicamente scorrette il cui significato complessivo si accende nel corso della lettura. Infatti ogni personaggio, a cominciare dall’impacciato professor Suzuki, deve mettere in atto un’azione criminosa che rappresenta la sua missione.

Recensione

Viene il sospetto che questo romanzo del 2004 sia stato appena pubblicato, a vent’anni dalla sua uscita in Giappone, per sfruttare l’onda lunga del successo de “I sette killer dello Shinkansen”, dal 2021 disponibile in lingua italiana.

Tra i due romanzi le affinità sono molte. Lessico semplice e colloquiale. Un tracciato narrativo a polittico. Sequenze paradossali. Omicidi e vendetta. Killer pasticcioni armati di buona volontà e professionisti della morte che si inceppano. Brutti ceffi dai soprannomi squisitamente nipponici: Balena, Calabrone, Cicala.

Ne “La vendetta del professor Suzuki” un sicario glaciale dalla fisicità imponente e statica ricorda il personaggio interpretato da Javier Bardem. Ricordate la pellicola “Non è un paese per vecchi” dei fratelli Coen?

Tra le sciabolate di denuncia sociale: l’inefficienza della classe politica, la sfiducia verso chi guida il Paese, la crisi economica, l’emergenza suicidio, sovrappopolazione e degrado urbano. E questo va bene.

Piuttosto scontato lo sfondo opaco di una Tokyo in ostaggio della pioggia battente. Oppure illuminata a giorno da luci notturne che svelano un oceano di insetti umani in movimento: anonimi e compatti.

Alcune situazioni ciniche e paradossali mi hanno strappato un sorriso, altre mi hanno annoiato. La particolarità di Isaka Kotaro non sono i contenuti forti o i dettagli raccapriccianti di morti sbudellati. Per questo basterebbe leggere Don Winslow.

La sua cifra distintiva è l’atteggiamento scanzonato, amorale, privo di empatia dei personaggi, a cavallo tra nonsense e umorismo nero. Proprio quest’ultimo depotenzia l’efferatezza di alcune situazioni:

Sono dovuto entrare di sera in casa di estranei, e ammazzarli tutti. Ti pare una cosa da nulla? È stato come fare un lavoro per una ditta di traslochi in un palazzone dove non si può usare l’ascensore. In più in un orario in cui i negozi sono tutti chiusi. Dove avrei dovuto comprarlo il regalino per te?”.

Purtroppo non tutti i dialoghi sono riusciti come la battuta riportata.

Inoltre i fantasmi, malgrado una presenza discreta, sono estranei ai miei gusti. So bene che spettri e presenze hanno piena cittadinanza nella cultura, nella fantasia e nella mentalità giapponese. Hanno il volto di donna e il gusto della vendetta. Oppure sono entità neutre che interagiscono con i vivi. Ma non fanno proprio per me.

Commenti