Quattro come i moschettieri
Se istituissero il premio dedicato al robottone giapponese più brutto dell’intero universo, i quattro Astrorobot di Astrorobot Contatto Ypsylon (Blocker Gundan IV machine blaster) (1976) otterrebbero, io credo, un discreto piazzamento. Il loro design rasenta l’osceno. Ma lasciamo perdere l’estetica. E veniamo alla serie.
Le loro gesta vengono narrate in 38 episodi. Ed è forse la prima volta che in una serie robotica i robottoni sono addirittura quattro. Vengono manovrati dai rispettivi piloti tramite quattro navicelle che agganciandosi a essi ne diventano la testa. Non hanno più di due o tre armi a testa, ma possono contare su una specie di attacco finale combinato che chiamano Contatto Magnetico Ypsylon o Girandola Ypsylon Magnetica, una potente tempesta magnetica. Il copione prevede che in ogni episodio si affronti un solo mostro, le cui dimensioni, però, sono gigantesche. Ecco perché è necessario unire le proprie forze per sconfiggerlo.
Un nemico alieno
I nemici si chiamano Moguru: alieni che, giunti sulla Terra, hanno dato vita al Regno di Atlantide. Risvegliatisi, tanto per cambiare, da un sonno millenario, decidono che non sarebbe una cattiva idea conquistare il nostro pianeta. I personaggi principali sono tre: la maestosa Regina, una biondazza dai capelli lunghissimi; il Generale Gorowski, comandante in capo dell’esercito Moguru; lo scienziato Zanga, creatore, fra le altre cose, dei vari marchingegni bellici. Indossano delle maschere protettive perché la loro struttura biologica non è in grado di resistere ai raggi solari. Sulla Regina non c’è molto da dire. Determinata, ma, in fondo, non particolarmente crudele. Gorowski e Zanga, invece, sono due macchiette. Più che rispetto, suscitano risate. Si distinguono per un piccolo rituale che celebrano prima di ogni missione: alzano la gamba destra, assumono una (ridicola) posa plastica con le braccia e urlano: Per la gloria dei Moguru!
Un certo Dottor Hojo, studioso di storia Moguru, scopre che l’antico popolo si è risvegliato. Da bravo scienziato lungimirante, prima di venire ucciso dai sicari del nemico insieme alla moglie, affida i suoi progetti al Dottor Uri, capo dell’Organizzazione per la Difesa del Mondo. L’unica speranza dell’umanità sono i quattro Astrorobot. Il problema è che devono essere pilotati soltanto da persone in possesso del cosiddetto “Potere Ypsylon”. Bisogna muoversi. Uri realizza l’Astro Base, e prende come assistente la giovane Uka. Il passo successivo è reclutare – con le buone o con le cattive – i quattro piloti, il nome dei quali, ovviamente inizia con la lettera Y. Il primo, Yshida, è già a disposizione. I servizi segreti devono rintracciare i tre mancanti. Li trovano e li portano all’Astro Base.
I quattro piloti dei robottoni
Quattro persone. Quattro diversi caratteri. Yshida, leader del gruppo, è anche, potremmo dire, il braccio destro del Dottor Uri. Pilota il robot denominato Terremoto Stellare. Uomo tutto d’un pezzo. Forse troppo consapevole del suo ruolo all’interno della squadra. Sempre serio e severo. Molto aggressivo nei rapporti interpersonali. Non ha mai un cedimento. Non si lascia mai andare. Sembra ignorare il significato di parole come «tenerezza» e «serenità». Il dovere sopra ogni cosa. Vive un terribile dramma personale: il nemico uccide la madre davanti ai suoi occhi.
Ylly è alla guida di Sfondamento Galattico, robot tondeggiante privo di spigoli. Un po’ come il suo pilota. Personalità neutra, quasi anonima. Conciliante, esegue gli ordini senza discussioni. In altre parole, appare perfettamente integrato nel gruppo. Tanto che quasi non lo distingui. Ha accettato il proprio duro destino. Crede nel dovere, ma non con l’intransigenza di Yshida.
Yinta, che combatte a bordo di Turbine Solare, è il più giovane del gruppo. Non se ne può parlare senza prima conoscere il quarto pilota, Yanosh, cui è stato affidato Tempesta Spaziale. Lui e Yinta – orfani entrambi – vengono “prelevati” al riformatorio, proprio durante un attacco nemico. E vedono morire il direttore, impegnato nel disperato tentativo di salvare altri ragazzi. Li lega un affetto molto simile a quello che si crea tra Mizar e Actarus. Sono come fratelli. Il piccolo sostiene e difende il grande dagli attacchi altrui, specie da quelli di Yshida. Perché, parliamoci chiaro, Yanosh è la classica testa calda. Presuntuoso. Arrogante. In perenne contrasto con il leader, di cui non riconosce l’autorità. Rimane ai margini del gruppo e sceglie di combattere una guerra personale contro i Moguru. Ignorando affiatamento e armonia. In questo somiglia molto al Phoenix dei Cavalieri dello Zodiaco. Oltretutto è il membro più dotato della squadra: in lui, il Potere Ypsylon è particolarmente forte. Probabilmente perché, come scoprirà in seguito, è un “mezzosangue”: suo padre era un terrestre, sua madre una Moguru. Combattere gli odiati invasori e scoprire di essere uno di loro. Non è male, come colpo di scena. Le idee gli si confondono ancora di più. Al punto che, sia pure solo per un attimo, arriva a tradire terrestri e compagni. Per tutti questi motivi, possiamo considerarlo il vero protagonista della serie.
Accanto ai quattro piloti di Astrorobot, si muove il personale dell’Astro Base. Segnaliamo soltanto il già citato Dottor Uri, lo scienziato della situazione, e Uka. La fanciulla, manco a farlo apposta, s’innamora di Yanosh, e tiene cortesemente a distanza Yshida. Si tratta, in sintesi, del solito amore non ricambiato.
C’è anche Picot, un robottino che, a giudicare dal doppiaggio italiano, dovrebbe essere di sesso femminile. L’apparenza è innocua, ma possiede poteri da non sottovalutare, oltre alla capacità di provare sentimenti. È lei che ogni tanto allenta la tensione generale, suscitando qualche sorriso.
Astrorobot: la vicenda in sintesi
L’andamento della vicenda è quello solito. L’invasore attacca. Gli Astro Robot respingono. Con un’avvertenza. Ogni missione va portata a termine alla svelta. Il Potere Ypsylon non dura a lungo. È una caratteristica presente in molte serie: quando un potere è troppo grande, occorre compensarlo attraverso l’introduzione di clausole e limitazioni. Polymar e Tekkaman ne sanno qualcosa. Lo stesso vale per i quattro piloti.
In ogni caso, dopo svariate scaramucce l’Astro Base individua il quartier generale nemico. La battaglia infuria e la vittoria dei terrestri non è indolore. Yshida, Ylly, Ynta e Yanosh sono ridotti male, mentre Uri si ritrova paralizzato su una sedia a rotelle. Se non altro, la sovrana dei Moguru muore. Ma la guerra è ben lontana dall’essere terminata. È il momento del classico cambio della guardia tra le fila dei nemici. La regina defunta viene sostituita dalla sorella Sandra, un tipetto che veste all’egiziana. Sembra ancora più determinata e tenace, tanto è vero che cerca in tutti i modi di convincere Yanosh di passare dalla sua parte, puntando sulla sua condizione di mezzosangue e sulla conseguente confusione che gliene deriva.
Purtroppo per lei, le forze di difesa della Terra localizzano anche la seconda base, situata nell’Antartide. I terrestri sono stanchi di combattere, così, per bocca del Dottor Uri, propongono alla seconda regina una pace onorevole. Lei oppone uno sprezzante rifiuto: figuriamoci se si vuole arrendere. Siamo alla resa dei conti. L’esito è scontato. Quando Sandra si rende conto che non c’è più niente da fare, attiva il pulsante dell’autodistruzione. Yanosh irrompe giusto in tempo per vedere Gorowski, Zanga e la regina scomparire tra le fiamme. Finale tipico con foto di gruppo dei buoni che contemplano il mare al tramonto.
La sigla completa di Astrorobot
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