Baldios, il guerriero dello spazio (2)

“Baldios il guerriero dello spazio” (o meglio “Uchuu Senshi Baldios”) è una serie robotica anomala ambientata nel 2100. Leggi la prima parte dell’articolo qui.


Baldios, robot componibile

Baldios è uno dei robottoni componibili più semplici. A unirsi sono comunque tre navicelle. La principale è il Pulser Burn, che costituisce il corpo del robot. Poi ci sono il Baldy Pryce (una piccola aeronave) e il Cutter Ranger (una specie di piccolo carro armato), che formano le due gambe.
Due parole sull’arsenale. Nulla di straordinario. Il numero delle armi è ragionevole. Nei primi episodi ne utilizza pochissime, e senza comando vocale. Non ce n’è una più potente delle altre, a parte, forse, il Balbeam, chiamato anche Thunder Flash.
Non esiste una formula che attivi l’unione dei tre apparecchi. Ogni tanto, però, si sente dire: Baldios, avanti!; oppure: Baldios, all’attacco! Il robottone viene potenziato durante l’episodio numero 24: si aggiungono altre armi. Cambia, inoltre, la posa plastica assunta alla fine della procedura d’incastro, la cui sequenza subisce lievi ritocchi. I comandi, infine, dipendono dall’energia psichica del pilota principale.
Come altri suoi “colleghi”, Baldios non compare subito: impiega quattro episodi. I nemici utilizzano i robot dal quinto, ma non lo fanno sempre. Nonostante il genere di appartenenza, infatti, questo cartone animato non rispetta la tradizionale struttura della serie robotica. Non è detto, infatti. che il combattimento ci sia. Più che un ingrediente essenziale della serie è un accessorio di lusso, un pretesto per calamitare l’attenzione del pubblico.

La svolta nella vicenda

L’episodio 32 segna la svolta del conflitto. La Fortezza Argor è a corto d’energia e i soldati non credono più in Aphrodia. Bisogna fare presto. Gattler decide di occuparsi personalmente delle operazioni, visto che la guerra non è “roba da donne”. Lancia l’attacco finale alla Terra. Il piano è sciogliere i ghiacci dei due poli. Marin, Raita e Oliver non possono impedirlo.
Il risultato è devastante: piogge ininterrotte, inondazioni, terremoti. L’innalzamento del livello marino provoca miliardi di vittime. Aphrodia non approva una simile strategia: non era necessario uccidere tutta quella gente. Ma ormai è andata.

Dopo due settimane, la situazione si normalizza. E qui c’è il colpo di scena: osservando la Terra semisommersa dall’alto, al dittatore per poco non viene un colpo. Nota, infatti, un’inquietante somiglianza tra il nostro mondo e S1. La cosa non sfugge nemmeno a Marin.
La spiegazione, fornita dalla Queenstein, è terribile: l’esercito di S1 è entrato in un tunnel spazio-temporale. Gli invasori sono terrestri provenienti dal futuro. Le disperate condizioni in cui versa la patria d’origine si devono esclusivamente alla loro scriteriata azione.

Tanto per complicare ulteriormente le cose, il nucleo del reattore nucleare di una base sottomarina terrestre fuoriesce e si dirige verso il centro del pianeta. Ci pensa Bannister: recupera l’oggetto e distrugge la Fortezza Argor. Però ci lascia le penne. La serie s’interrompe qui.

Un tragico finale

La conclusione è affidata al film di cui si parlava. Non ci sono vincitori, ma soltanto vinti. Compresa Aphrodia. A poco a poco, il suo odio verso Marin si attenua. Diventa, anzi, amore. Viene destituita dalla carica di Comandante delle forze d’invasione. Caduta in disgrazia, fugge verso la Terra. La catturano ed è solo grazie all’intervento della Queenstein che evita il linciaggio. Riesce a scappare dalla base dei Blue Fixers, e assiste al drammatico confronto finale tra Gattler e Marin. Il dittatore e la sua ex protetta ne escono gravemente feriti. Il primo non si capisce bene se sopravvive oppure no. La seconda muore – ovviamente in lacrime – tra le braccia del protagonista.
Chi pensava che L’invincibile Zambot 3 fosse una serie tragica è costretto a ricredersi. Perché per la prima volta in assoluto assistiamo alla sconfitta del Bene, anche se questo non comporta automaticamente la vittoria del Male. Viene a mancare la tradizionale distinzione tra buoni e cattivi. Alla fine, ci troviamo a dover stabilire quale tra le due fazioni sia meno malvagia rispetto all’altra. Entrambe sono impegnate in uno scontro che si scopre essere inaspettatamente fratricida.
In assenza di un confine netto e preciso, l’eroe diventa una presenza inutile. La sua condizione di solitario raggiunge l’apice. Marin è solo, nel senso più letterale del termine. Non ha più nulla: rimane senza familiari, senza affetti, senza patria. È costretto a combattere la sua stessa gente, che per questo motivo lo rifiuta considerandolo un traditore. In più, deve far fronte alla diffidenza dei terrestri, i quali non si fidano perché appartiene alla razza del nemico.
Se il robottone mancasse, forse non ce ne accorgeremmo. Gli scontri robotici passano in secondo piano. A volte ci sono, altre volte no. E quando ci sono, non occupano molto spazio. È evidente: gli autori non li considerano indispensabili ai fini della vicenda, costruita invece su un paradosso temporale implacabile. Sembra voler suggerire che non si può nulla contro il destino. La Terra doveva finire così, per mano dei suoi stessi abitanti.
Gattler finisce per essere il Demiurgo della situazione, quello che avvia la macchina narrativa. Elimina gli scienziati del suo mondo, spinge il suo popolo a invadere la Terra, e, ciliegina sulla torta, si rende responsabile delle condizioni di S1. Però non compare molto spesso. Preferisce manovrare dietro le quinte, approvando le decisioni di Aphrodia, cui è stato affibbiato il lavoro sporco. È quella che ci mette la faccia, insomma.
Per lei, la guerra è una questione personale. Non ha mai amato nessuno al di fuori del fratello Miran, e visto che Marin l’ha ucciso, deve morire. Glielo dice proprio nei denti:

«Ho rinunciato a esser donna nel momento stesso in cui hai ucciso mio fratello».

I due si affrontano spesso. Capita addirittura che collaborino per contrastare una minaccia comune. Ha avuto molte occasioni per eliminarlo, però ha sempre esitato.
Un rapporto ambiguo, soprattutto da parte della fanciulla. Aphrodia è tutta votata alla Causa. Il che la porta a soffocare la propria femminilità in abiti maschili: la sua tenuta appiattisce le sue forme, e il berretto nasconde i lunghi capelli verdi. In superficie è una donna dura e determinata, flessibile quanto può esserlo una sbarra di titanio. I suoi orizzonti sono limitati. Per lei esiste soltanto il dovere. Non ha altro, nella vita. Crede fermamente in ciò che fa, plagiata com’è da Gattler.
Sostiene che le alterazioni emotive portino a imprevedibili errori. Ma quando scopre che il suo punto di riferimento nella vita le ha fatto bere delle gran balle, va in crisi. Non distingue più il giusto dall’ingiusto. E a differenza di altri “cattivi” non le viene concessa alcuna possibilità di redimersi e di rimediare ai propri errori. Cade in disgrazia, e viene abbandonata da tutti. L’unico futuro è la morte. Fra le braccia di un uomo che forse amava senza rendersene conto.

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