“Barabba” – Pär Lagerkvist


Voto: 3 stelle / 5

“Barabba” è un romanzo dello svedese Pär Lagerkvist del 1950. Nel 1951 l’autore ha ricevuto il premio Nobel per la Letteratura. L’11 luglio cadrà il cinquantesimo anniversario della morte di Pär Lagerkvist, avvenuta nel 1974. Ho letto l’edizione Edoardo Casini del 1948, ma oggi è reperibile grazie a diverse case editrici, come Jaka Book o Iperborea.

Trama di Barabba

La storia di Barabba è in realtà ignota a tutti, ma l’autore prova a immaginare la sua identità, il suo aspetto fisico, la sua condizione di liberato e soprattutto la sua sorte. C’è anche da dire che nessun altro documento storico prova la reale esistenza di quest’uomo: appare solo ed esclusivamente nei vangeli sinottici.

Qualcuno dubita anche che sia esistito, anzi alcuni studiosi sostengono che sia una metafora. Siccome il suo nome proviene dalla parola aramaica Abbà, “padre”, la sua figura potrebbe essere stata usata per accentuare la colpa dei giudei dell’aver condannato a morte il “figlio” sbagliato. Bar-abbās significa infatti figlio del padre, mentre Gesù era chiamato figlio di Dio.

Il romanzo sembra invece avallare la teoria secondo la quale il suo nome significherebbe “senza padre”: il protagonista infatti è descritto come figlio illegittimo e persino orfano di madre.

“Maledetto sia il tuo seno”…

Il romanzo inizia nel momento della crocifissione di Gesù. Gli eventi precedenti vengono raccontati con estratti dei Vangeli. Barabba “il liberato” segue la folla che piange Gesù, assiste al buio che scende sul Golgota, conosce Pietro e Maria Maddalena, vive le prime persecuzioni e finisce schiavo a Roma, compagno di catene di un fervido cristiano.

Recensione

Probabilmente quando ho iniziato questo libro avevo voglia di un qualche sovvertimento degli schemi, come quello che mi scuote ogni volta che guardo “Jesus Christ Superstar”. Per questo l’ho concluso un po’ delusa; forse avevo sperato in una rivelazione, in una qualche illuminazione che mettesse in discussione tutto quello che so, e invece non è arrivato niente di tutto questo.

“Aveva usato il suo potere nel più singolare dei modi. L’aveva usato, per così dire, senza servirsene, aveva lasciato che gli altri decidessero tutto a modo loro, senza interferire, eppure aveva fatto trionfare la sua volontà, di essere crocifisso in luogo di Barabba”

Col senno di poi, però, è in effetti interessante come l’autore immagini il “dopo” liberazione. Cosa ne sarà stato di Barabba? Sarà tornato l’uomo di prima o qualcosa lo avrà toccato nel profondo? E che genere di accoglienza avrà trovato nella società?

Il libro si rialza nel finale, lasciando intravvedere un cinismo della vita molto laico.

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