Considerazioni su una vecchia barzelletta

La barzelletta numero sei dal Manuale della barzelletta: Un uomo ama una donna che ama un altro uomo


Voto: / 5

Nell’ormai lontanissimo 1976, la Mondadori ha pubblicato il Manuale della barzelletta, curato da Vezio Melegari. Raccoglie ben duecentonovantanove barzellette (non capisco perché non trecento, ma fa lo stesso), suddivise in nove categorie. A pagina ventidue c’è la numero sei, che riporto di seguito:

 

Un soggettista porta a un produttore ingolfato di lavoro un manoscritto di cinquecento pagine.
– Ma crede proprio ch’io non
abbia di meglio da fare? urla il produttore. – Mi riassuma la sua storia se vuole che la legga.
Otto giorni dopo, il soggettista torna con il manoscritto ridotto a una cinquantina di pagine.
– Riassuma, riassuma ancora, ho troppo da fare per leggermi un malloppo simile.
Mettendosi di buona Iena, il soggettista riesce a condensare in cinque pagine la sua storia.
– Ancora troppo; troppo, troppo lungo, giovanotto.
Furibondo, il soggettista lacera allora il suo riassunto, prende un foglio e ci scrive
sopra con rabbia: «Un uomo ama una donna che ama un altro uomo.»
– Ecco la mia storia – dice al produttore tendendogli il foglietto.
– Ma non è possibile! La storia che lei racconta è, parola per parola, la stessa dei
Promessi sposi.

 

È un po’ datata, ma funziona ancora. Soprattutto, può tornare utile per un discorso riguardante la narrativa a sfondo sentimentale.

 

copertina manuale della barzelletta mondadori

La trama dei Promessi Sposi

Un uomo ama una donna che ama un altro uomo sintetizza, servendosi di un efficace paradosso, la trama dei Promessi Sposi. Se fosse un mini-racconto – e forse lo è – racchiuderebbe in sé tutti gli ingredienti necessari per costruire un’avvincente storia d’amore.

Intanto servono un uomo e una donna. Magari innamorati l’uno dell’altra. Ma due persone che si amano non sono sufficienti. Per rendere interessante la vicenda agli occhi di un potenziale lettore, serve un impedimento. Un evento che ostacoli il rapporto tra i due partner. Qualcosa complichi la situazione, possibilmente movimentandola.

Com’è andata a finire nel romanzo di Manzoni, si sa. Un signorotto vile e prepotente s’incapriccia d’una fanciulla promessa a un bravo giovane. Seguono bugie, pasticci, rapimenti e, infine, il tanto anelato sposalizio.

 

Uno schema universale

Lo schema funziona ed è applicabile – con le opportune variazioni − ad altri tipi di narrazione. Prendete un cartone animato giapponese appartenente al genere sentimentale. Tipo Kiss me Licia. Licia, fanciulla orbata di madre, è innamorata di Satomi, zazzeruto tastierista di un gruppo rock emergente, i Bee Hive. Mirko, solista della formazione, s’incapriccia della ragazza. La quale finisce per dirottare su di lui i propri sentimenti. Tutto a posto? Nemmeno per sogno. L’avido e insensibile manager dei Bee Hive si intromette fra i due piccioncini. La relazione traballa, ma resiste. Inesorabile il lieto fine.

È chiaro che le difficoltà, specie se all’apparenza insormontabili, costituiscono la molla narrativa per qualunque tipo di vicenda. Da uno stato di equilibro si precipita infatti nel caos, per poi ripristinare l’ordine scombussolato.

I problemi possono sorgere in sede di conclusione. Perché è lì che la storia deve mostrare di possedere una buona tenuta. Una volta che Renzo e Lucia coronano il proprio sogno d’amore, il romanzo perde di mordente. Manzoni appare come smarrito. Dà l’impressione di non sapere cosa fare. Di fatto non riesce a gestire l’happy end, che scade nel banale perché si verifica una inaspettata caduta di tensione.

Il fenomeno, purtroppo, non è circoscritto alla cosiddetta letteratura scritta: interessa anche il cinema, le serie televisive e svariate altre tipologie di narrazione.

Perché il cuore ha le sue ragioni e le sue regole.

Ma sono in pochi a rispettarle.

Commenti