“Eppur si legge”

Quel giorno, tocca ammetterlo, a salvarti da una mossa estremamente sfacciata, era stata la lombosciatalgia.
Altrimenti l’avresti rincorsa mentre se ne stava andando. Col rischio di procurarti una figuraccia. O forse no: magari sareste pervenute ad un accordo con buona pace di ambedue.

Però la resa era sembrata quanto mai opportuna di fronte alla sua andatura: si notava ad occhio nudo che, a differenza della tua, la sua camminata non aveva bisogno né di ibuprofrene né di paracetamolo. Rimaneva il rimpianto che, essendo visibilmente più giovane di te, quindi presumibilmente più propensa alla tecnologia, sarebbe stata la persona ideale con cui scambiare ciò che vi era appena stato consegnato.

Il fatto era che il concorso letterario aveva emesso il suo verdetto: non eri arrivata terza, ma seconda.
Per cui alla seconda classificata un e-reader.
E alla terza – lei – un buono libri!
Certo, ti eri impegnata per mostrarti contenta di fronte a quel pacchettino, così minaccioso, destabilizzante – immaginavi già di doverci litigare – per chi aveva fatto giuramento di fedeltà alla carta da sfogliare.
Quindi avevi lasciato andare la fortunata, figurandotela già il giorno seguente dentro una libreria a fare incetta di libri. Tu invece…

Pensavi a i libri, quelli veri, mentre una sottile malinconia si stava rapprendendo intorno alla tua anima – d’accordo: in certe situazioni tendi ad esagerare – nel ritrovarti improvvisamente di fronte ad una delle tue innumerevoli, irrazionali convenzioni, tetragona davanti ad una novità che avrebbe scombussolato, sradicato le confortevoli abitudini di lettrice compulsiva. Pagine da annusare e toccare, buttate all’aria da un oggetto asettico ed inodore, per di più sapientone, poco più grande di un telefono. Dimenticare i libri succosi e promettenti, che hanno quell’odore proprio di libri, con copertine spesse o leggere, da soppesare, immaginando il mondo frammentato nelle sue sfaccettature da svelarsi pagina dopo pagina? Abbandonare rituali con con cui perdere svagatamente tempo: nelle librerie, nelle biblioteche, nei mercatini?
Pregustando il giorno prima la visita.
Ritornando con la borsa traboccante da sparpagliare sul tavolo di cucina.


Comunque il pacchetto è rimasto nel suo involucro, senonché tuo marito, il quale ha bisogno di salvaguardare gli oggetti che si ritrova sottomano, ma soprattutto con un suo piano ben preciso (l’hai capito solo dopo) ha ordinato una cover, addirittura di colore rosso. Se tu non facevi confidenza con l’oggetto, perlomeno l’oggetto stesso la faceva con l’ambiente quando lo spostavi qua e là – male non poteva farti anche se lo toccavi – durante le pulizie.
Passato un arco ragionevole di tempo, hai deciso di fare il grande passo con un messaggio inoltrato ad un familiare ( chi non ha un nipote, un cugino cui chiedere aiuto tecnologico?) chiedendogli di spiegarti due cosette, ma senza fretta, per carità: desse priorità ai suoi impegni – almeno la concessione di un altro pieno in biblioteca – prendendosela comoda.
Figurarsi! Lui, con conoscenze informatiche da venir voglia di costruirgli un monumento, è arrivato in un battibaleno: come aver chiesto ad un neurochirurgo di toglierti uno spino.
A questo punto potresti pure soprassedere, vista la figura che ci fai, ma a volte la sfrontatezza non ha limiti.
Ed ecco la prima domanda difficile che ti viene posta: la password? Spaesamento totale da parte tua di fronte a questa parola, disturbante quasi quanto l’altra: account!
E la password per questo e la password per quello…
Immaginando di avere un profondo solco tra le ciglia, hai cincischiato torturando un centrino, ostentato indifferenza, provvidenzialmente hai ingoiato la frase prima che fosse troppo tardi: ti chiedo aiuto, ne ho bisogno e tu ti presenti così, senza ricordare le mie password?
– Ma non avevi in taccuino in cui scriverle?
Ecco, te la sei voluta: non ti è rimasto che sfogliarlo, sapendo che avresti trovato annotazioni, appuntamenti per visite – toh: è saltato fuori pure un suggerimento di medicinali per la sciatalgia – ma password?
Prima che affermassi che forse si erano cancellate da sole, suicidate per senso di inutilità, quel briciolo vagante di dignità rimasto ti ha fatto capire quanto fosse opportuno rifugiarti nell’afasia, non potendo smaterializzarti. Comunque – dopo esserti tenuta a distanza di sicurezza, neanche l’e-reader dovesse esplodere – ti sei avvicinata solo quando ti è stato detto che era tutto a posto.
A posto davvero?
– E quali, quanti libri mettiamo?
– Quanti? Uno!
– Uno?!
Come andare in una rifornita pasticceria ed ordinare una tisana senza zucchero.
L’espressione del tuo interlocutore stava esprimendo tutto l’insuccesso della sua spedizione, tanto da presupporre che, dietro il controllo dal proferire colorite imprecazioni, stesse pensando:
– Ma per cosa mi hai chiamato? E a questa ipotetica domanda, con vergognosa insolenza, avresti replicato:
– Ma perché tu hai risposto?

Comunque, nella tua mente confusa, una cosa era chiara: certo, un libro solo. Per valutare, con scelta ponderata e meditata, pro e contro. Altri libri il lettore di e-book se li sarebbe dovuti meritare. Di fronte a qualcosa che sbaraglia consolidate abitudini non ci si può prostrare con bieca rassegnazione. La tua irrisoria fiducia avrebbe dovuto subire perlomeno un lieve incremento. A questo punto il tuo interlocutore, divenuto suo malgrado negoziatore e ai cui occhi stavi apparendo come persona dalle dubbie facoltà mentali, si è arreso: che uno fosse!

Cosicché, con modalità d’utilizzo chiarite, sorprendentemente accessibili, hai iniziato a fare le tue considerazioni. Ad esempio a quanto fastidio ti dia vedere, in una sala d’aspetto, qualcuno alle prese con la lettura digitale. Se esiste una curiosità – meglio confessarlo subito e così ti senti esonerata da recriminazioni, taciti giudizi di chi potrebbe guardarti con il compatimento profondo che meriteresti – è quella di sapere cosa stia leggendo uno sconosciuto. In questa situazione tu, generalmente discreta , diventi maniacale. Se il tuo vicino ha un libro, lo tieni d’occhio, attendi che riceva una telefonata o arrivi un colpo di tosse che glielo faccia deporre in grembo, possibilmente con la copertina in bella vista. Poi, facendo finta che lo sguardo cada lì casualmente e magari ti accorgi che quel libro l’hai letto, perché perdere l’occasione di di uno scambio di vedute? Non nascerà un’amicizia ma, vuoi mettere, alla fine vi lascerete con un carico di empatia. Oppure, se non hai voglia di imbastire una critica letteraria, a seconda del libro che ha scelto, puoi costruirti mentalmente la personalità del tipo. Con l’e-reader no: non ci sono le condizioni per sbirciare, e va a finire che il vicino si terrà il mistero della personalità sua.
Però, riflettendo su quel fruscio armonioso nello sfogliare le pagine la notte, gradito a te, ma molto meno a chi ti dorme vicino, finalmente ti è chiaro perché tuo marito si sia mosso. Acquistando la cover, e rivestendo l’e-reader di un’importanza difficilmente trascurabile, per cui alla fine ti saresti arresa al suo utilizzo, ha ritenuto di tutelare il suo sonno notturno.

Ora sei qui fuori dell’ambulatorio della fisioterapia, la gamba bella sparata in avanti che, non fosse per il luogo e gli anni evidenti, potrebbe conferirti una posa spavalda, dinamica, un tocco di scattante, esuberante vitalità. Apri la borsetta, togli il lettore di e-book, incominci a leggere. Ma guarda un po’: non incontri suoni ostili né consonanti infuriate; le parole scorrono concilianti. E se la vicina si accosta con fare sospetto – vorrà mica sbirciare? – è il tuo turno per prenderti una di quelle intime, inutili soddisfazioni della vita.
– Signora, prego, tocca a lei. La voce del fisioterapista fa sì che, senza usare uno scontrino della spesa stropicciato, metta il tuo segnalibro: una comoda piega digitale. Nell’attesa di riappropriarti stasera di uno di quei libri riversati in una pila instabile sul comodino, comunque un territorio da difendere, pensi che quasi quasi domani potresti arrivare dieci minuti prima alla seduta per continuare la lettura con l’e-reader.

Quando il fisioterapista ti chiede di definire il dolore che stai provando, fresca di parole memorizzate, evidenziate, visualizzate belle grandi senza gli occhiali, addirittura con le note a margine scritte, e quelle di cui con comodità hai cercato il significato, infilzi una seri di aggettivi che ieri neanche ti sarebbero venuti in mente: trafittivo, irradiante…chi ti ferma più?

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