È stato pubblicato dal gruppo editoriale Aliberti nel 2018 uno dei pochi libri esistenti sulla vita di Ennio Flaiano, morto di infarto più di 40 anni fa. Si intitola “Il mio Flaiano. Un satiro malinconico” ed è il risultato di una lunga conversazione che il saggista Licio Di Biase ha tenuto con Enrico Vaime, che lo ha conosciuto personalmente.
Di Licio Di Biase abbiamo recensito anche “Fronte del cuore“.
La trama di Il mio Flaiano. Un satiro malinconico
In maniera molto originale, il libro-intervista di Licio Di Biase ed Enrico Vaime inizia dalla fine e va a ritroso. Comincia da quel 20 novembre 1972 in cui la vita di Ennio Flaiano veniva stroncata a 62 anni da un infarto, poi da quando viene interrotta una collaborazione proficua come quella tra Flaiano e Fellini, per incomprensioni personali. Questo rovesciamento temporale porta a dei rovesciamenti mentali utili per poterci adattare alla personalità di quest’uomo, che fu un grande lettore del suo tempo tramite articoli giornalistici, sceneggiature, aforismi e anche quell’unico romanzo che scrisse e che gli valse il primo Premio Strega assegnato nella Storia, “Tempo di uccidere”. L’appendice riporta testimonianze più o meno inedite di qualcuno che lo ha conosciuto da vicino, come l’operatore culturale pescarese Edoardo Tiboni, che poi gli ha dedicato un Premio, o Suso Cecchi D’Amico e anche Alberto Sordi.
Recensione
Il pamphlet non spaventerà chi vuole sapere di più di Ennio Flaiano perché è molto breve. Con tutta l’appendice è lungo 110 pagine. Nella lettura è scorrevole e confidenziale, riesce a toccare tutti gli argomenti più interessanti con riuscito intento divulgativo e a innescare riflessioni sul lavoro di questo satiro nato in Abruzzo e vissuto a Roma.
La Parola ferisce, la parola convince, la parola placa.
Questo, per me, è il senso dello scrivere.
(Ennio Flaiano)
Licio Di Biase ed Enrico Vaime restituiscono una lettura attenta e discreta di quest’uomo combattuto fra il luccichio della vita mondana e la penombra della sua casa,
dove lo attendeva una situazione umanamente difficile da cui rifiutava di separarsi: la malattia di una figlia a cui era molto legato. Da qui il titolo: un satiro che distilla malinconia mentre interpreta la sua contemporaneità. E riesce forse proprio per questo a dare origine ad aforismi sferzanti come “Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso”; “Ho poche idee, ma confuse”.
Immancabile la bellissima lettera a Scarpitti in cui Ennio Flaiano canta il suo sentirsi Abruzzese.