“Il nuovo galateo di genere” – Samuele Briatore


Voto: 4 stelle / 5

Ne “Il nuovo galateo di genere” (Newton Compton Editori 2022, 288 p.) Samuele Briatore suggerisce alcune regole di comportamento atte a promuovere una cultura LGBTQIA+friendly. Dal 2013 Briatore è presidente dell’Accademia Italiana Galateo con sede a Roma.

Attualmente corsi di etichetta, che danno valore aggiunto all’immagine professionale, sono sempre più richiesti dalle aziende. Mentre il Parlamento europeo adotta dal 2008 linee guida multilingua a sostegno della neutralità di genere nel linguaggio. Briatore, dunque, aggiorna il galateo alla luce di nuove istanze inclusive.

Ringraziamo la casa editrice per la copia digitale ricevuta in omaggio.

Trama di Il nuovo galateo di genere

“Il nuovo galateo di genere” non contiene schematismi comportamentali o meri elenchi censori. Al contrario, fornisce alcune indicazioni di supporto e riflessione a “chi desidera confrontarsi con nuovi temi e occasioni” della vita associata. Senza dimenticare nei rapporti interpersonali la stella polare del buon senso.

La parola d’ordine è LGBTQIA+ friendly per essere (non apparire) gradevoli e rispettosi, far star bene gli altri e se stessi in situazioni ad alta frequenza. Nell’ambito scolastico e professionale, nell’intimità degli affetti, negli universi della realtà virtuale, nei viaggi e nelle situazioni formali.

La scuola, primo approccio alla socialità dopo la famiglia, promuove ancora troppo poco l’educazione inclusiva. Studi di settore fanno emergere quanto la discriminazione LGBTQIA+ incida sull’abbandono scolastico. Sarebbe auspicabile attenersi alle buone maniere della “netiquette” anche nella network society.

Samuele Briatore ci guida nella micro storia del galateo, specchio di macro cambiamenti culturali, sociali e politici. Mi ha colpito la quantità di testi dedicati e il fatto che pensatori e filosofi come Erasmo da Rotterdam, Hume, Kant, Kierkegaard si siano occupati dell’argomento.

La storia del galateo inizia molto prima dell’omonimo trattato del 1558 di Monsignor Della Casa. Pur nell’ovvia diversità delle singole sfumature, tutti i galatei sono riconducibili a un nucleo compatto di rispetto per il prossimo, gentilezza, accoglienza. Certo è che nel suo modello di italianità, il fascismo accentua i timbri rudi del machismo. Mentre i contro-galatei femministi ispirati al Sessantotto, se danno cittadinanza al sesso come argomento di conversazione, continuano a bandire ogni forma di volgarità espressiva.

Un argomento delicato

La parte su lessico e linguaggio LGBTQIA+ friendly solleva più domande che risposte. Il binarismo di genere dell’italiano incasella i soggetti in maschile e femminile. Di conseguenza, introdurre soluzioni comunicative vincenti per rendere neutro il linguaggio è assai complesso. L’ autore sa bene che tali interventi sono solo la prima tappa di un’ inclusione che passa anche dalle parole.

Recensione

Paleso alcune perplessità. Ricorrere a circonlocuzioni, nomi collettivi ed epiceni, pronomi neutri; evitare sostantivi categorizzanti per abbattere le barriere sessiste dell’italiano è davvero efficace contro la discriminazione LGBTQIA+? Teniamo conto di due criticità. L’utilizzo di simboli grafici come l’asterisco e la chiocciola, indicanti il neutro, è riservato alla comunicazione scritta. Nel parlato soluzioni ad hoc, come desinenze in -u, -x, -y, suscitano altrettanti dubbi. La strada già diffusa online per definire una moltitudine mista è la vocale indistinta schwa (ə).
Quanto tempo sarà necessario per la diffusione di un codice condiviso conforme a una mentalità LGBTQIA+ friendly? Dobbiamo ripensare alla lingua in termini di lunga durata, per assistere a cambiamenti significativi? Se sovradimensionati, tali cambiamenti potrebbero generare un neo conformismo antigenere/agenere? Infatti, mi sembra che l’asse inclusivo stia slittando dal riconoscimento della parità alla valorizzazione della specificità.

Sono una di quelle persone che usa il “maschile inclusivo” a indicare gruppi misti. Presumo per questioni anagrafiche e culturali, per abitudine e praticità, spinta da un automatismo sul quale non mi sono mai interrogata. Riassumo: da insegnante il mio vocativo era ‘cari studenti’, non ‘cari studenti e studentesse’. Che io sappia, nessuno si è sentito emarginato.

Condivido l’affermazione che il grado di civiltà si misuri dalle parole e che dalla forma si arrivi alla sostanza. Però, il rischio di artificiosità è dietro l’angolo: le pianificazioni linguistiche non tengono conto che la lingua è viva. È questa l’osservazione dell’Accademia della Crusca. Inoltre, l’autore non me ne voglia, soluzioni inclusive possono sortire un effetto boomerang, enfatizzando ciò che accuratamente evitiamo di dire o desideriamo precisare.

“Il nuovo galateo di genere” di Samuele Briatore non ha deluso le mie aspettative di carattere informativo. Lo consiglio a chi si interessa di sociologia contemporanea e a quanti pensano erroneamente che il galateo coincida con un formalismo da bon ton.

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