Irma

Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state…

Guido Gozzano

Irma lavora da mattina a sera. Senza fermarsi un attimo. Dice che non ha bisogno di riposo. Non le serve.
Irma trascorre l’intera sua esistenza nella stanza da bagno. Non può fare altrimenti. Chi la conosce sa che è così, che deve essere così.

Irma non si lamenta mai. Perché dovrebbe farlo? Eppoi non è il tipo.
Conosce il suo lavoro, lo svolge con zelo e con passione. Nel suo campo, è la migliore.
Irma non ha bisogno di molto per tirare avanti. Semplice, di poche pretese. Si prendono cura di lei con amore, quasi con devozione. È una della famiglia.

Irma non si ammala mai. Non prende mai nulla, nemmeno un malanno passeggero, un disturbo da poco… d’altronde è giovane: praticamente, una ragazzina.

Da qualche tempo, Irma è malinconica. Lavora, certo. Il rendimento è quello di sempre. Niente da eccepire. Però si vede che non ha più passione, non ha più entusiasmo. Non fa che sospirare. Guarda fuori della finestra, sperando di trovare chissà che. Irma si strugge d’amore per Michele. È più vecchio di lei. Vent’anni di differenza. Il veterano della casa. A lei non importa. Non si è innamorata subito. C’è voluto del tempo, non è tipo da concedersi tanto facilmente. Ma ora non vive che per lui.

Michele non commenta. Che dovrebbe dire? È uno che parla poco. Mette i termini sul bilancino, li soppesa, poi seleziona quelli più leggeri, per fare prima. Troppo indaffarato in cucina. Non ha tempo per queste sciocchezze.
Irma ne soffre. La notte non dorme quasi niente. Ci pensa. Lo pensa. Intossicata da quella sua gelida indifferenza. Lui e quella cucina fottuta!

Irma sa che il suo è un amore senza speranza.
Perché lei è una lavatrice.
E Michele uno scaldabagno.

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