“La grande A” – Giulia Caminito


Voto: 4 stelle / 5

“La grande A” (Giunti 2016) è l’opera prima di Giulia Caminito, individuata come miglior esordio narrativo 2017 dal Premio Bagutta. Di Giulia Caminito abbiamo recensito anche “L’acqua del lago non è mai dolce”, vincitore del Premio Strega 2021.

Trama de La grande A

La storia inizia durante la seconda guerra mondiale, quando Giadina è affidata alla zia di Milano a imparare la fame e la paura. Sua madre Adi (Adele) è andata a lavorare in Africa, nelle colonie italiane in Eritrea.

La seguirà e sposerà Giacomo dopo un fidanzamento lampo. Ma il matrimonio, scopre la giovane donna, non è affatto un luogo sicuro. Dietro l’angolo ci sono delusioni, solitudini, incomprensioni. Ma anche un sodalizio che si spezza e si rinsalda continuamente.

Recensione

Mi è sempre di ispirazione leggere Giulia Caminito. La sua prosa è evocativa e avvolgente perfino quando si fa ermetica, misteriosa. Contagia lo sguardo con quelle frasi spezzate, l’alternanza tra impliciti ed epifanie, non detti e colpi di scena. Poco importa, ho pensato fino alla fine, se non tutti i passaggi mi sono stati trasparenti, non tutte le dinamiche subito chiare, se ho compreso alcuni personaggi solo dopo un po’.

“Arrivano i momenti, sono tanti, ma non tutti sanno riconoscerli, in cui le cose finiscono. Si spengono, facendosi ombre, ed è compito tuo lasciar che svaniscano, ché a tirar per le orecchie il fumo si rimane a palmi sciocchi, pensando di acchiappare ciò che è andato già via”

Trovo che la narrazione da favola raccolga e universalizzi tutte le grandi A messe insieme, tutti i sogni ingigantiti dal desiderio. Le sublimazioni, i miti, le aspettative disegnano quasi sempre luoghi che non ci sono, che non corrispondono; e che spesso ci tradiscono.

“Le braccia di quell’Italia che si pensavano materne e spalancate erano terra di spine e uccellacci, suolo da vagabondi e mani da nottambuli”

Uno degli aspetti più interessanti è l’ambientazione nel periodo post-coloniale italiano in Etiopia. Una parte di storia di cui si parla poco, e di cui Giulia Caminito può farsi portavoce perché i suoi nonni paterni si sono conosciuti proprio ad Assab perché una sua bisnonna lavorava lì come contrabbandiera e suo padre è nato ad Asmara. La storia di Giada è tenera e struggente insieme e penso che lo sguardo dell’autrice sia empatico e fondamentale.

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