“La lunga attesa dell’angelo” di Melania Mazzucco è un romanzo storico di quattrocento pagine, edito da Rizzoli nel 2008, che ha vinto il Premio Scanno 2009. Della stessa autrice, abbiamo recensito anche “Sei come sei“, “Lei così amata” e “L’architettrice“.
La trama di La lunga attesa dell’angelo
Il Tintoretto è sul letto di morte. Seguiamo i quindici giorni di febbre che lo portano a spirare, il 31 maggio 1594, e nel suo lungo dialogo con Dio veniamo a conoscere la sua vita. Si confessa nei suoi sbagli, nelle sue slealtà, nei suoi impulsi, e allo stesso tempo riusciamo a guardare nelle sue intenzioni sincere, nelle sue passioni e nei dolori che ha vissuto.
Ha sposato una ragazza, a lui promessa, talmente giovane da potergli essere figlia, e ha accolto a vivere con loro una figlia illegittima che avrebbe potuto esserle sorella. Questi sono i presupposti di una vita lunga, intensa e umana in tutte le sue fragilità e convinzioni. Ha trascorso la vita a cercare il successo, la luce nella pittura e ha avuto il successo di Tiziano come traguardo da superare. Ha insegnato la pittura alla sua primogenita, Marietta, al quale lo ha legato un amore ambiguo e morboso, quasi incestuoso, forse contraccambiato, e ha chiuso in convento le altre figlie. Una figura discussa e burbera, autorevole e rivoluzionaria.
Recensione
Questo romanzo è tanta roba. Per scriverlo, la Mazzucco ha condotto tantissime ricerche: basti pensare che un anno dopo è diventato la biografia famigliare “Jacomo Tintoretto e i suoi figli”, ottocento pagine più duecento di bibliografia.
La narrazione avviene in prima persona, dal punto di vista del protagonista Jacomo (o Jacopo) Robusti, noto come il Tintoretto. Le parti più interessanti sono quelle dinamiche, in cui l’azione effettivamente si svolge. Tra i capitoli più belli ci sono, infatti, quelli che parlano della peste e della perdita del nipotino.
Nel libro c’è una atmosfera cinquecentesca che funziona, ma a volte la lettura si affatica per un qualche indugiare di troppo, secondo me, su un sentimento o un’emozione. A metà libro ho iniziato a sentire la fatica di un rallentamento e nel seguire una serie di sbalzi temporali che mi lasciavano perplessa, ma che naturalmente hanno voluto ricalcare lo stile della memorialistica, che non sempre riesce a tenere a mente l’ordine degli eventi. A tratti, inoltre, mi è sembrato caricato di pathos a forza, non so se per insufficienza di elementi storici o se per un alto coinvolgimento dell’autrice.
Il lavoro però è sicuramente notevole, anche dal punto di vista linguistico, ed è molto interessante già solo dal punto di vista dell’operazione culturale, che rende l’immagine di un artista a tutto tondo, con le sue vicende famigliari e le persone che gli sono girate intorno. Anche l’utilizzo del discorso indiretto, alla Tabucchi, è degno di nota.
Il libro è stato scelto dai Gruppi di Lettura EquiLibro di Pescara e “L’inCHIOSTRO” di Tagliacozzo come libro di settembre/ottobre.
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