Edito da Guanda nel 2017, il romanzo di Helena Janeczek “La ragazza con la Leica” ha vinto il premio Strega l’anno successivo.
Trama de La ragazza con la Leica
Gerda Taro è una giovane fotografa tedesca, ha appena ventisette anni quando decide di partire per la Spagna insieme al suo compagno Robert Capa, anche lui fotografo. C’è una pagina importante di storia da immortalare, una pagina che si confonde nell’orrore di quegli anni e viene ricordata troppo poco: alla vigilia del conflitto mondiale, nell’occidente d’Europa si combatteva contro i totalitarismi che stavano imprigionando il continente: “A Barcellona, in quel principio d’agosto del 1936, stanno arrivando in tanti per unirsi al primo popolo d’Europa che non ha esitato ad armarsi contro il fascismo.”
È lì che si interrompe bruscamente la giovane vita di Gerda e con lei la speranza di poter fermare eventi che sembrano già scritti.
La sua storia è raccontata dai ricordi dei suoi amici. Nel 1960, Willy Chardack e Georg Kuritzkes sono due medici affermati. La telefonata che Georg fa al vecchio amico scatena un uragano di ricordi e l’amica che entrambi hanno amato torna ed essere in mezzo a loro.
A separare con un taglio netto i ricordi dei due uomini, c’è il ricordo dell’amica Ruth Cerf. È una ricostruzione molto diversa, meno nostalgica, più realistica. Ruth ricorda l’amica con il distacco della competizione che sempre aleggia nel rapporto tra due amiche.
Recensione
Nel prologo del romanzo ci sono delle fotografie, alcune scattate da Gerda, altre da Robert Capa, magari l’autrice è partita proprio da queste fotografie per ricostruire la vita di Gerda e invita il lettore a fare lo stesso per cercare di capire chi fosse. L’autrice evidenzia come l’osservare immagini scattate da obiettivi diversi insegni che osservando bene una foto si può capire molto su chi le ha scattate. Ho capito che cercare quello che non si vede, scavare in quello che non è evidente, apre lo sguardo molto più che guardare ciò che abbiamo davanti.
Alla fine del romanzo è bello scoprire che queste fotografie hanno una storia a sé che cammina in maniera autonoma e parallela rispetto a quella della fotografa e dei suoi amici.
Non c’è una trama semplice in questo romanzo, il ricordo di chi è stato vicino a Gerda la porta in vita in queste pagine, si tratta di flashback intervallati da ritorni al presente. Il racconto che si sente più vero è quello dell’amica Ruth, perché avviene nel 1938, un anno dopo la morte di Gerda. L’autrice è riuscita a trasmettere questa vicinanza storica tra il ricordo dell’amica e il vissuto di Gerda. Nel suo ricordo è viva più che mai, non c’è in questa parte la nostalgia che traspare nel racconto di Willy e Georg. La sua è una ricostruzione molto diversa, è come se avesse dei rimproveri da fare all’amica e forse anche un pizzico d’invidia per quell’ “aura leggendaria” che Gerda aveva, sembra che Ruth tenti di nasconderla sotto il disprezzo che ha di sé per provarne, ma si percepisce. Forse è una percezione che un lettore uomo potrebbe non avere.
Il ricordo dei due uomini conserva vivo l’amore espresso verso quella ragazza straordinaria, la nostalgia di come Gerda abbia stravolto le loro vite contiene la certezza implicita di non essere riusciti a trovare una passione così forte nelle donne che sono venute dopo.
Mi sono chiesta se quei rimpianti siano legati alla prematura scomparsa della fotografa, al rammarico per qualcosa che sarebbe potuto accadere dopo, anche se Gerda aveva lasciato sia Willy che Georg.
In un certo senso è come se il rimpianto si confondesse col non voler accettare di aver vissuto gli anni peggiori della storia recente e di dover convivere per sempre con quel ricordo, con il senso di colpa per essere sopravvissuti che interroga i due sull’aver fatto o meno abbastanza.
Georg, però, non ha nulla da rimproverarsi: “è stato il filo tiratissimo della fortuna a farlo arrivare intero al momento della resa del nazifascismo.”
Numerose sono state le volte in cui ho dovuto rileggere un enunciato o un periodo intero: l’autrice è entrata talmente tanto nella vita di Gerda e dei suoi amici da riuscire a estromettere il lettore da questa comitiva vissuta in un’epoca che a noi che viviamo quasi un secolo dopo sembra ancora, nonostante il tanto parlarne e le numerose testimonianze, ancora inspiegabile e misteriosa. Sembra un concetto negativo, che rende la lettura pesante e difficile, ebbene in alcuni punti lo è, ma non ho perso mai la voglia di capire, andare avanti, leggere cosa succedeva dopo quella parte di narrazione che non mi era così chiara.
È un libro che andrebbe letto una seconda volta, forse lo farò, tra qualche tempo quando avrò metabolizzato la successione temporale degli eventi che in questa prima lettura mi ha un po’ confusa e avrò voglia di capire un po’ di più la storia di una ragazza che ha dovuto crescere in fretta ed è diventata leggenda.
Consigliato agli amanti dei romanzi ambientati negli anni dei totalitarismi del secolo scorso, dei romanzi storici in genere.
Adelaide Landi
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