“La restauratrice di libri” – Katerina Poladjan


Voto: 3 stelle / 5

“La restauratrice di libri” è il terzo romanzo della russo-tedesca Katerina Poladjan. E’ stato pubblicato da Sem nel febbraio 2021. RIngraziamo la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

Trama de La restauratrice di libri

Helene Mazavian è una restauratrice di antichi manoscritti di origine armena che vive in Germania. Coglie l’occasione offertale di volare a Erevan – capitale dell’Armenia – per risanare un antico evangeliario, la Bibbia di famiglia che si usava tramandare nei territori del Caucaso. Gli evangeliari raccontavano i Vangeli, ma raccoglievano anche la storia della famiglia a cui appartenevano, dentro vi si potevano trovare nomi, date, appunti, fiori, capelli. Erano dei libri “magici”: aiutavano a prendere decisioni, venivano messi sotto la testa dei malati per aiutarne la guarigione e si usavano anche per pregare. 

La famiglia in Armenia è importante, e per gli armeni della diaspora? Spinta dalla madre, Helene cerca notizie dei suoi avi, ritratti in una foto che la accompagna fin da piccola, quello è tutto quello che sa della sua famiglia.

Recensione

Aggiustare un libro per aggiustare il proprio passato? Lo si può fare? Ma soprattutto ad Helene interessa conoscere quella parte della sua storia? Quanto possiamo intervenire noi sul nostro passato? Una restauratrice deve riportare un manoscritto all’antico splendore o può decidere di tenere qualche imperfezione così da mantenere i ricordi della storia passata? Credo che il ripristino di quel libro fosse la metafora del passato armeno, che, volente o nolente, aveva caratterizzato anche la vita di Helene. Ma non ho capito se la sua ricerca fosse “sentita” o un dovere verso la madre e i nonni che avevano patito le persecuzioni note. A dire il vero credo di aver proprio capito poco il personaggio.

Tra gli appunti vergati sulle pagine dell’evangeliario si legge, in caratteri armeni, “Hrant non vuole svegliarsi”. Così, parallelamente alle vicende di Helene, lèggiamo la fuga di due giovani fratelli, Anahid e proprio quel Hrant che non voleva svegliarsi; scappano da Ordu, dove è iniziata la persecuzione del popolo armeno.

C’è un po’ di genocidio armeno. C’è un po’ di storia d’amore (mi chiedo: ma è sempre proprio necessario piazzarci del rosa?), c’è un po’ di Storia di quel territorio. C’è un po’ di tutto che mi pare non si concretizzi in moltissimo. Ho avuto la sensazione che rimanesse qualcosa di sospeso, non so se fosse proprio questo l’intento dell’autrice. Credo sia più una questione di aspettative: dalla sinossi mi ero immaginata altro.

Il punto di forza

Però una cosa ho trovato interessantissima: la storia dell’alfabeto armeno. E ve la racconto. 

Fino al V sec d.C. l’armeno era una lingua orale, ma siccome l’Armenia fu la prima ad accettare la religione cattolica – nel primo secolo – c’era la necessità di mettere per iscritto i testi sacri, che fino ad allora erano solo stati raccontati. Così il buon Mesrop Mashtots inventò ben 36 caratteri corrispondenti ad altrettanti suoni, dalla forma che a me pare spigolosa, costituiti da tante ш e M е п.  Così ebbe inizio la letteratura armena.

(Una storia ed un alfabeto affascinanti.)

Chiara Carnio

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