“La vita di chi resta” – Matteo B. Bianchi


Voto: 5 stelle / 5

A gennaio 2023 è stato pubblicato da Mondadori il romanzo “La vita di chi resta” di Matteo B. Bianchi, tratto da un’esperienza reale. Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

“La vita di chi resta” è stato scelto anche dal gruppo di lettura di Universo Letterario per il mese di aprile.

Trama de La vita di chi resta

A distanza di vent’anni, Matteo B. Bianchi mette per iscritto il libro che ha pensato ogni giorno: la metabolizzazione di una tragedia personale. Il suo ex ha scelto la casa in cui hanno vissuto insieme, per uccidersi, ed è proprio Matteo a trovare il suo corpo.

Da qui è scaturito un lungo periodo di dolore, talmente lancinante da diventare paradossalmente una realtà avviluppante e irrinunciabile.

“Si calcola che nel mondo avvenga un suicidio ogni 40 secondi. (…) Solo in Italia si suicidano in media circa 4000 persone. (…) Eppure, (…) perché chi sopravvive al suicidio di una persona cara continua, disperatamente, a sentire di essere il solo a cui sia successo?”

Dai tentativi che l’autore racconta di aver fatto per superare da questa sofferenza, emerge un aspetto molto interessante circa l’approccio delle istituzioni italiane al suicidio, alla sua prevenzione e al sostegno di chi resta. Non ve lo anticipo, ma fa riflettere molto.

Recensione

A mio parere, non occorre essere un parente di un suicida per entrare in questo libro. L’esperienza dell’autore non è esclusiva, nel senso che non è comprensibile solo a chi ne ha passata una simile. Né sarebbe un guardone chi decidesse di leggerlo senza aver esperito una tragedia del genere in famiglia.

Questo non è un libro che aiuta i survivors. “La vita di chi resta” è un libro che aiuta tutti coloro che sono colpiti da uno stress post-traumatico. Tutti quelli che sono infestati da un’ossessione, da un dolore o da un senso di colpa possono ritrovarsi in queste pagine. Tutti coloro che conoscono il senso di impotenza di fronte a una perdita improvvisa o lo hanno appreso di sponda proveranno rispetto verso il discorso mormorato, intimo, che Matteo B. Bianchi ha affidato a queste pagine.

“Non si va alla deriva in una sola direzione. Si è strappati da una parte all’altra. Ci si sfracella in ogni direzione”

C’è un lato pratico, in queste memorie. L’autore non passa il tempo a lamentarsi, bensì a metabolizzare. E metabolizzando cerca panacee. Ci insegna che ognuno ha i propri tempi e spesso non li conosce prima, “improvvisa”. Racconta senza vergogna i suoi tentativi di stare meglio, dal paranormale alla psicanalisi; scopre che condividere funziona. Che attraversare il dolore rovescia le priorità, cambia il rapporto con gli altri, dona anche i “superpoteri”: rende insieme intolleranti e indifferenti, provvisori e definitivi.

“Si vorrebbero risposte. Si vorrebbe un ordine. Un contesto dove le cose possano essere giuste o sbagliate e non così perversamente indistinguibili”

Lo stile di Matteo Bianchi mi ha ricordato quello di Stefano Redaelli : sottile, frammentato, a tratti spigoloso. La sua scrittura è lineare anche quando si arricchisce di aggettivi connotativi. Sentiamo la piccola, sana distanza che il narratore ha bisogno di prendere e ne beneficiamo, perché anche questo è un insegnamento: mi fa pensare all’istinto di certe bestie selvatiche che vanno incontro al fuoco perché sanno che non brucia dove ha già bruciato.

“C’è un prima e c’è un dopo il dolore.

Io ero un’altra persona, prima.

E mi rimarrà per sempre il dubbio se il vero me stesso fosse il ragazzo incosciente di allora o l’adulto contorto che ne è seguito”

Nulla, in questo libro, conduce una movimento temporale coerente. Altrove mi avrebbe snervata; qui ha invece una sua collocazione sensata, perché il lettore è un privilegiato che gode di un accesso al caos.

Anche la scelta del finale mi trova d’accordo. L’autore avrebbe potuto fermarsi un po’ prima, con un messaggio particolarmente positivo. Sceglie invece di continuare a raccontare, proporre altri episodi, fornire altri messaggi, perché convivere con un dolore è proprio questo, un ciclo che si ripropone.

Il senso di questo libro non è affondare nel dolore o nella compassione, bensì emergerne.

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