“L’avversario” – Emmanuel Carrère


Voto: 5 stelle / 5

“L’avversario” è un romanzo di Emmanuel Carrère pubblicato nel 2000 anche in Italia da Adelphi. È nato da un caso di cronaca nera accaduto in Francia nel 1993 e di cui lo scrittore ha seguito l’iter sui giornali e in tribunale.

Di Emmanuel Carrère abbiamo recensito anche “Yoga”.

Trama di L’avversario

Chi è l’avversario del titolo? È l’avversario di Dio, Satana; è l’avversario in una partita a scacchi; è un invisibile nemico a cui non si riesce ad affidare la verità.

“L’avversario” racconta della storia di Jean-Claude Romand, un uomo francese che nel 1993 ha sterminato la sua famiglia con il progetto di uccidere anche se stesso (ma su questo c’è il beneficio del dubbio) perché l’impalcatura di bugie sulla sua vita stava cominciando a sgretolarsi.

Per quasi vent’anni aveva finto di fare il medico e anche di avere un cancro, riempiendosi di debiti e diventando un bugiardo patologico per ogni cosa.

La storia è raccontata dall’esterno, dapprima dal punto di vista del suo amico d’infanzia Luke, poi dal punto di vista dello scrittore. Un po’ come nella narrativa d’inchiesta inaugurata da Truman Capote, Carrère dialoga con il criminale e cerca di farci entrare nella sua mente.

Recensione

Era tanto che volevo entrare in contatto con Carrère e il momento è arrivato con la #challengedei100classicidelfuturo di Marlah, Parole dal Giappone, Letture cattive e Books.baba__

Il libro è tagliente, asettico, equilibrato. L’autore non entra nella storia con morbosità o con compiacimento. Mi sembra anche che giudichi la vicenda il meno possibile. Quello che resta, nonostante il tono scelto da Graziano Piazza per Storytel (leggermente scanzonato sin dall’inizio, anche quando viene rivelata la tragedia famigliare, e questo mi ha reso un po’ perplessa), è l’assurdità di una storia cervellotica e incredibile, che da quando ho finito di ascoltare il libro continuo a raccontare a tutti quelli che conosco.

Tra le righe de “L’avversario” leggo che mentire è una cosa seria. Da un parte c’è la bugia e dall’altra c’è la menzogna. La menzogna è più grave, ti fagocita come è successo al protagonista, che infatti parla di marciume che contaminava la sua vita.

Jean-Claude è un uomo calcolatore, che ha costruito e retto bugie troppo grandi per non venire smascherate una volta che la famiglia cresce e si interfaccia, necessariamente, con una comunità. Probabilmente non parlava di cancro a caso: doveva sentirsi così quando faceva i conti con questo istinto a mentire in ogni occasione, incontrollabilmente. Non era più lui a controllare le bugie, erano le bugie a guidarlo. Il lettore rimane esterrefatto di fronte alle sue peripezie, che, come osserva l’autore, non avrebbero difficoltà a trovare sistemazione in un film comico. Se non fosse per il tragico finale.

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