“Le parole perdute di Via Modesta Valenti” – Salvatore Amato


Voto: / 5

Le parole perdute di Via Modesta Valenti di Salvatore Amato (Monetti Editore). Un prosimetro di taglio sociale di rara fattura.


Trama

copertina le parole perdute di via modesti valentiCi troviamo a Roma, in una via della capitale, una via come tante altre si potrebbe pensare, ma non è così, perché questa strada non esiste realmente, ma nella sua astrattezza non è mai stata così reale e tutto grazie alle persone che la popolano.

Infatti, Via Modesta Valenti è una via fittizia, solo un nome per una residenza utile ai milioni di senzatetto della città eterna; non esistono indicazioni per arrivarci e nessuna mappa, o topografia la segnerà mai. Mescolando prosa e poesia l’autore ci mostra la realtà dei randagi, dei meno fortunati e ci fa conoscere le loro parole; parole, appunto, perdute in un barattolino dell’elemosina insieme a qualche spiccio.

 

Recensione de “Le parole perdute di Via Modesta Valenti”

Inizierò questa recensione dicendovi che Le parole perdute di Via Modesta Valenti sarà un libro che vi rimarrà dentro, vi farà sorridere, riflettere e risveglierà la vostra pietà verso i meno fortunati. E forse vi farà anche comprendere il vero significato di parole come: misericordia, tolleranza, accettazione, compassione, empatia, amore, solidarietà e carità.

Via Modesta Valenti sarà pure una via fittizia, però la sua vita batte costante nel cuore della capitale e la sua voce rimbomba dal fondo del degrado; sono proprio i suoi abitanti a renderla così viva.

L’opera si mescola tra poesia e prosa e concede la voce a chi non ce l’ha, ma che allo stesso tempo ha il bisogno, più che la voglia, di raccontarci la sua storia.

Ogni capitolo è intitolato: Dalle finestre aperte di Via Modesta Valenti, che essendo una via virtuale, potrebbe sembrare una questione simbolica, oppure una figura retorica, eppure, per me non è stato così, poiché sembra quasi che l’autore le costruisca queste finestre e le renda concrete nell’astrattezza, attraverso la poesia. Comunque, ognuna di queste ‘finestre aperte’ termina con una digressione diversa che regala alla struttura stessa del libro un aspetto molto interessante.

Ci sono gli ‘stralci di stracci’ una serie di parole perdute dalle tasche bucate dei residenti di Via Modesta Valenti, mottetti perentori, aforismi, poesie ermetiche e versi haiku.

Poi dei barboni prima di addormentarsi si raccontano delle favole a vicenda per conciliarsi il sonno e augurarsi sogni privi di ogni miseria e all’interno di questa digressione, l’autore ci regala due piccole fiabe di una dolcezza più unica che rara: “L’ultimo gigante” e “Cola da Messina”.

Dopodiché si ricomincia a spiare dalle finestre aperte di una via che non ha né mura, né porte, fino ad arrivare alla digressione successiva “Lo spleen de Roma”.

Questa, per me che sono nata a Roma, è stata la mia parte preferita. La poesia si fa denuncia sociale e ci mostra tutte le brutture della corruzione della capitale: “Quanto sei brutta Roma questa sera…”  ed è così che la capitale si spoglia e una volta nuda ci mostra i graffi, i lividi e le cicatrici, sempre mantenendo quel moto un po’ scherzoso tipico del romano.

Dopo questo breve sipario dedicato unicamente alla città eterna, si ritorna alle finestre della miseria, fino alle “Poesie randagie”, dove dei poeti erranti si esibiscono in piazza, ognuno con la propria poesia. “Una preghiera per tutti” sono le preghiere di un barbone sotto i portici di Piazza Vittorio, un senzatetto che passa tutta la giornata a pregare e lo fa per tutti perché la preghiera è gratuita; infatti, lui prega anche per Dio, poiché tutti pregano a lui, ma nessuno prega per lui ed è convinto che gli farebbe piacere. Questo clochard anche quando sogna, sogna di pregare.

Dopo ci sono altre digressioni, una ninna nanna in un centro accoglienza a una bambina che non sa di aver perso la madre, due ragazzi che vivono per strada e che in una casa abbandonata si scambiano le lettere scritte ai propri genitori e mai spedite, un barbone che si improvvisa veggente e ci racconta un probabile futuro dove non sarà concesso l’aborto, una breve storia in versi di una realtà dispotica con i bacchettoni al comando.

L’ultima parte del prosimetro è invece dedicata proprio a Modesta, in questa parte l’autore ci racconta brevemente la storia di Modesta Valenti, colei che ha dato il nome alla via, ovvero una barbona di settantuno anni morta nel 1989 alla stazione Termini, morta perché era troppo sporca per prestarle soccorso.

Ho amato questo libro, l’ho letto in un solo giorno, ma anche ora che l’ho terminato, ogni tanto una voce interiore mi spinge a prenderlo dalla libreria e a leggerne alcuni passaggi.

L’ho trovata una lettura sublime, aulica, potente, dolce e ricca di spunti su cui riflettere, un libro adatto a tutte le età e di un’importanza pedagogica per tutti gli insegnamenti morali che porta racchiusi tra le sue pagine. Insomma, un’opera che si fa amare e si può soltanto amare, o forse, almeno per me è stato così, quest’opera diventerà più un’intima amicizia che un libro.

Senza alcun dubbio, questo è un libro che mi sento di consigliare a tutti.

Silvia

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