Il Cardinale Gianfranco Ravasi nel suo ultimo capolavoro, ci offre, grazie alla sua enciclopedica conoscenza dei testi Sacri e del mondo Ebraico, esteso alla letteratura, alle scienze, e alla musica, uno straordinario strumento di analisi per il credente (Cristiano) che vuole trascorrere il tempo liturgico della quaresima con rinnovata fede e meditazione ma in generale lo stesso capolavoro può essere considerato a giusta ragione, un testo ideale di approfondimento e di riflessione per chiunque indipendentemente da ceto sociale, colore politico, fede religiosa, altitudine o aspirazione, voglia capire il significato profondo della settimana Santa.
Il saggio, la cui stesura cosi come riportato nell’introduzione, è iniziata il giorno venerdì Santo del 30 marzo 2018 incrociandosi con suggestiva coincidenza di calendario con la Pasqua Ebraica corrispondente ai santi giorni 31marzo, 01 Aprile del 2018, ripropone, dopo una schiera di numerosissimi studiosi, credenti e laici, antichi e contemporanei, l’analisi delle sette intensissime frasi pronunciate da Gesù morente in croce.
Ravasi esegeta, difatti attraverso la disquisizione dell’opera, accompagna i lettori su percorsi meditativi cariche di problematiche sia di rilevanza umane che teologiche. Pur fra i tormenti. – annota il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura – Gesù parla». Attraverso le Sue ultime parole, alcune appena pronunciate altre urlate, il Cristo ha sancito con l’umanità intera, un ideale ed estremo testamento. Testamento che pur essendo essenziale nei sui termini, non è in potenza e in valore inferiore come capacità rivelatrice, ad altri discorsi riportati sui Vangeli.
L’esamina svolta, risulta nella sua sostanza, quindi, nella decodifica delle sette Sante frasi, composte di 41 parole, compresi gli articoli e particelle, cosi come riportata nella redazione greca dei Vangeli.
La cui sequenza ricalca quasi integramente, quella proposta dal monaco certosino del XV secolo, Ludolfo di Sassonia, autore della probabile prima Vita Jesu Christi, una biografia pubblicata nel 1474 a Strasburgo e da allora riedita per ben 88 volte.
L’unica variazione seguita dal Cardinale e da molti prima di lui, è nell’anticipo della frase riferita alla Madre e al discepolo amato Giovanni, rispetto a quella destinata al Malfattore Pentito.
La sequenza esaminata risulta essere :
Ai Crocifissori: << Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno>> (Lc 23,24); Alla Madre Maria:<< Donna, ecco tuo figlio>>. Al discepolo amato Giovanni: << Ecco tua madre>> (Gv 19,28); Al malfattore pentito, crocifisso accanto a lui: << In verità ti dico: oggi sarai con me nel paradiso>> (Lc 23,24): <<Elì, Elì, lemà sabachtani? ( Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?) (Mt 27,46; Mc 15,34; cfs Sal 22,2) ; << Ho sete!>> (Gv 19,28); << Tutto è compiuto>> (Gv 19,30); << Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito >> ( Lc 23,46; cfr. Sal. 31,6); |
Struttura dell’opera
Nella prima parte dell’opera (pp. 15-52) si descrive la complessa figura di Pilato quale si evince dai vangeli e nella tradizione successiva e si conclude con una sommaria descrizione non per questo meno struggente, degli episodi che conducono Gesù torturato e vilipeso, sulla collina del Golgota.
Segue una seconda, che rappresenta il cuore dell’opera, dove si approfondisce e si decodificano le sette parole dette da Gesù in croce (pp. 54-186).
Le sette parole dette da Gesù in croce:
Il Perdono come atto di dono del creatore che trasforma l’intero essere umano; “dono come atto di liberare una persona dall’incubo che le stringe lo spirito e per riflesso liberare anche chi perdona dalla tensione che lo attanaglia dall’ansia di vendetta”.
Segue l’affidamento della madre al discepolo e, viceversa, del Discepolo Amato alla madre. Ossia “Come Mosè incarico Giosuè di prendersi cura del popolo ebraico in sua vece, cosi Gesù incarico Giovanni di prendersi cura di Maria , cioè della chiesa, popolo di Dio”. Gesù promette il paradiso, cioè la vita con lui, al ladrone buono: “Egli si poneva al livello di costoro non per compromettersi nelle loro scelte, ma per salvare chi era escluso o era stato emarginato, per far tornare in vita chi era morto e ritrovare chi era perduto”.
Gesù non muore disperato, ma nel dolore atroce, fisico, morale e spirituale; “E’ il dramma profondamente umano della separazione radicale da Dio che sembra indifferente al grido del Figlio e che rimane relegato nel cielo dorato della sua trascendenza.” Dalle labbra inaridite di Gesù segue la parola Ho Sete, la sete che rappresenta la volontà ardente di Cristo di redimere gli uomini; “ Se non sentite nel profondo di voi stessi che Gesù ha sete di voi, non potete capire ciò che lui vuol essere per voi e voi per lui”. Con il termine Tutto E’ Compiuto sussurrato da Gesù si intende non la rassegnata affermazione di una fine, bensì la consapevolezza del raggiungimento di un fine, di una meta di pienezza il cui effetto perdurerà per sempre.
Come chiarisce Ravasi, la vita dell’uomo può essere pensata come un arco e non come un cerchio, l’inizio non si congiunge con la fine cioè la vita dell’uomo resta sostanzialmente incompiuta. Solo legandoci al Cristo che ha chiuso il cerchio compiendo fine alla fine la volontà del Padre possiamo sperare di poter raggiungere la pianezza circolare del proprio essere riscattando la morte con la vita eterna.
Nell’ultima frase Nelle tue mani padre consegno il mio spirito Gesù depone nelle mani del Padre tutto ciò che egli è e possiede, il suo essere vivente, la sua potenza vitale. Gesù ridona al Padre/Donatore il proprio principio vitale “Pneuma”, che , nel linguaggio biblico, non è solo il principio antropologico dell’esistenza, infuso dal creatore nella persona umana e ritirato nella morte, ma è anche la presenza divina nell’essere umano. “In Cristo, lo spirito di Dio era alla base stessa della sua concezione, lo era stato nel battesimo, nelle tentazioni e alla preghiera di lode al Padre. Per questo operava in Galilea con la potenza dello Spirito”.
Nella terza e ultima parte (pp. 187-220) Ravasi concentra l’attenzione del lettore sugli eventi successivi alla morte di Gesù. Sul sepolcro e sui teli che fasciavano Gesù come segni che è stato veramente un uomo come noi perché morto, ma anche segni straordinari di resurrezione.
Si introduce inoltre le figure di Giuseppe di Arimatea, di Nicodemo, delle donne, di Pietro e Giovanni, di Maria Maddalena, alla luce dell’evento della risurrezione.
Nelle (pp. 221-244) è dedicato a una riflessione circa lo scandalo della croce, segno di morte infame, ma simbolo anche di redenzione, perno portante della teologia cristiana.
Non poteva mancare un capitolo dedicato alla ritrascrizione artistica delle sette parole di Gesù in croce: parole, musica, immagini.
Salvatore Tessitore