
“Malavuci” è il secondo romanzo della scrittrice Antonella Perrotta, pubblicato nel 2022 dalla casa editrice Ferrari. Dopo la storia di “Giuè”, l’autrice ci trasporta nuovamente ai primi anni del Novecento, in un paesino della Calabria sferzato dal vento, e ci racconta una storia drammatica in cui pregiudizi, maldicenze e segreti inconfessabili si intrecciano con passioni, sentimenti e un pizzico di ironia.
Trama di Malavuci
San Zefiro è un piccolo borgo “incastonato nel verde delle alture della Catena costiera calabrese che guardano al Tirreno”. È chiamato il paese del vento, perché esso soffia in ogni stagione dell’anno, talvolta benevolo e piacevole, talvolta terribile e spietato. Trascina con sé ogni cosa, polvere, profumi, odori piacevoli e non. Ma soprattutto porta con sé e diffonde ogni voce, ogni sussurro, ogni segreto.
“A volta bastava un soffio d’aria soltanto a svelare il bordo di un segreto ed era allora che le voci si riproducevano, figlie generate da orgasmi di parole, per essere affidate all’imperio del vento che ne dipanava la trama stipata, sino a quel momento, al riparo della memoria.”
A San Zefiro abita la famiglia Bellosguardo, proprietaria dell’agenzia di pompe funebri del paese. Caterina e Antonio Bellosguardo hanno due figli, Pietro e Sasà, il primo forte e disinvolto, il secondo esile e delicato.
Negli ultimi tempi, gli atteggiamenti e le attenzioni di Sasà sollevano dubbi, animano mormorii, fino a destare preoccupazioni nella madre Caterina, che sospetta un’omosessualità latente e teme le insinuazioni e i giudizi degli altri abitanti del borgo.
Quando scopre che in realtà Sasà è innamorato della giovane Lela, invece di esserne sollevata, si preoccupa maggiormente. Lela è “la forestiera”, una fanciulla friulana di dubbie origini, giunta in Calabria come profuga, la quale ha attirato su di sé anche le attenzioni del marito. Ma segreti inconfessabili ruotano intorno al passato della ragazza, desideri di vendetta e rabbia repressa si intrecciano e porteranno a risvolti tragici.
Recensione
Nella mitologia classica, la Fama era una divinità femminile, messaggera di Giove. Era in grado di spostarsi molto velocemente, come il vento, trasportando nel suo volo ogni sussurro, ogni confidenza, ogni evento privato. E trasformando tutto in maldicenze o “malavuci”.
Il vento ritorna anche in questo romanzo, è l’elemento costante, il protagonista indiscusso. San Zefiro è un paese immaginario della costa tirrenica calabrese, ma rappresenta ogni comunità che, sotto il velo dell’apparenza, nasconde invidie, pregiudizi e calunnie.
La dimensione corale domina ogni pagina e si intreccia con un tono ironico che sembra alleggerire la lettura e portare il lettore sul palco di una commedia.
Man mano che la storia si sviluppa, però, il tono ironico inizia a sfumare in un’atmosfera più cupa. Le maldicenze, che prima sembravano innocue, si trasformano in armi letali, capaci di spezzare legami e distruggere vite. Una serie di eventi catastrofici, alimentati da pettegolezzi sempre più infondati, porterà il paese a un punto di non ritorno, dove il confine tra verità e menzogna sarà sempre più labile.
Il romanzo ci costringe a riflettere su tematiche profonde, come il peso devastante delle parole e la pubblica emarginazione dei soggetti più deboli della società. Una società che si erge a giudice supremo e si attribuisce il diritto di sindacare sulla vita e sulla morte.
“Erano, entrambi, creature incomprese, vittime delle maldicenze e dell’altrui giudizio, votate alla sofferenza di una vita sbeffeggiata, lenita soltanto da qualche spruzzo d’amore, pure se antico.”
La scrittura di Antonella Perrotta sorprende per il delicato equilibrio tra il comico e il tragico.
Con uno stile frizzante e vivace, l’autrice riesce a catturare l’essenza di un piccolo paese: dalla religiosità ostentata, al disprezzo e al rifiuto dei più fragili, dagli intrugli miracolosi delle antiche farmacie, ai segreti dei banchi dei pegni.
In un’epoca in cui le maldicenze si propagano alla velocità della luce attraverso i social media, questo libro è un monito potente e attuale. Antonella Perrotta ha creato un affresco vivace e tragico che rimarrà impresso nella mente di chiunque abbia mai vissuto in un piccolo paese. E soprattutto in chiunque abbia mai avvertito e compreso pienamente il potere delle parole.