Nino Casiglio: una storia di fatalità e riconoscenza

Il 28 Maggio del 1921, quasi centouno anni fa, nasceva a San Severo, in Puglia, Nino Casiglio. Scrittore, docente, preside, intellettuale e, per breve tempo, anche politico nella carica di sindaco della sua San Severo. All’attivo, quattro romanzi. Una carriera piuttosto intensa per un arco di tempo relativamente breve.

L’autore Nino Casiglio

Nino Casiglio esordisce nel ’72 con “Il Conservatore”, un romanzo quasi autobiografico, la storia amara di un intellettuale di buon cuore che si pone degli interrogativi: l’eterna lotta tra vinti e vincitori in un Meridione d’Italia in mano tristemente ai vincitori “per forza”. Nel 1977 con “Acqua e Sale” arriva la vittoria del prestigioso Premio Napoli.

La premiazione si è svolta la sera del 2 dicembre nel grande auditorium della Rai, alla presenza del vescovo Sorrentino, il prefetto Biondo, il rettore dell’Università di Napoli Cuomo e, ovviamente, il presidente della Fondazione Premio Napoli, Ferdinando Clemente, unitamente a tante altre illustri personalità. Oltre alla giuria tecnica, composta da esimi studiosi, tra i quali Branca e Sansone, a votare vi erano anche i dipendenti dell’Italsider e quasi la totalità di quelli dell’Olivetti «dimostrando interesse per l’iniziativa nonostante i turbamenti nel campo del lavoro», come si potrà leggere in un pezzo del Mattino del giorno seguente.

In finale, oltre a Casiglio con “Acqua e Sale”, erano arrivati anche Minnie Alzona con “Viaggio angelico” e il grande Carlo Sgorlon con “Gli dei torneranno”.

Acqua e sale

Quella di “Acqua e Sale” è ancora una volta una narrazione che lascia l’amaro in bocca. Un ideale fil rouge, più realistico che pessimistico, collega, infatti, le opere di Casiglio. Si racconta di un contadino che si batte per un mondo migliore dopo i terribili anni del fascismo e arriva tristemente alla conclusione rassegnata che ciò che realmente andava cambiato è rimasto immutato, ma ciò che sarebbe dovuto rimanere uguale è inesorabilmente cambiato.

L’aneddoto

A cento dalla nascita di Casiglio, racconto un breve aneddoto per ricordare la figura di un intellettuale che ha portato in alto, con i propri romanzi, il nome della Terra di Capitanata, un uomo perbene nel senso più autentico e per nulla retorico del termine, e che il destino ha voluto che la sua vita, per qualche momento e per un evento casuale, si intrecciasse con quella di mio nonno Antonio. In una nebbiosa mattina di fine novembre 1994, mio nonno, come suo solito, è in giro con la sua auto per le strade di San Severo o quelle immediatamente periferiche alla città.

Diretto chissà dove e per quale commissione, sulla strada che porta a Foggia, adocchia casualmente un’autovettura che, per qualche motivo accidentale, è uscita fuori strada e i propri astanti, un uomo e la sua consorte, non più giovanissimi, si trovano in stato di difficoltà.

A tale vista, mio nonno rallenta, accosta e scende preoccupato dalla propria macchina per avvicinarsi alla vettura della coppia. Chiede cosa sia successo e appura con sollievo che, fortunatamente, ai due signori non è accaduto nulla di grave, dell’auto forse, ma poco importa, non si può dire altrettanto. Per mio nonno allora, si tratta solo di rassicurare rasserenare i due coniugi che appaiono, come giusto che sia, parecchio scossi e spaventati.

Come ottemperare questo compito? Nonno, uomo avveduto che non si perde d’animo e con la soluzione sempre pronta, torna alla propria auto, apre il portaoggetti lato passeggero e tira fuori una fiaschetta in acciaio, regalo di Natale dei figli, contenente del brandy, che era solito portare sempre in quel vano.

L’intento è chiaro: offrire il contenuto ‘brioso’ della borraccina ai due signori per cercare di rinvigorirli e fornire loro qualche zucchero in più. Mentre compie quest’atto di gentilezza, si presenta, forse per evitare che la sua offerta venga rifiutata poiché da sempre vige il principio che è bene non accettare nulla dagli sconosciuti. Nonno, però, non ha bisogno che l’uomo in questione faccia lo stesso; sa già il suo nome, l’ha riconosciuto: è proprio il preside e scrittore Nino Casiglio, stimatissima e apprezzatissima figura in città.

Per giunta, nonno, è suo ammiratore: nella libreria di casa si conservano i suoi libri e, addirittura, un ritaglio del Mattino riportante la notizia della vittoria di Casiglio del prestigioso premio partenopeo del ’77. Tra i ringraziamenti e le parole di riconoscenza, i due, mio nonno e Nino Casiglio, si congedano. Qualche giorno più tardi, nonno è nel suo studio al pianoterra della sua abitazione, intento a scrivere qualche carta o a terminare chissà quale quadro. Qualcuno bussa alla porta. Inaspettatamente, all’uscio, con fare discreto, timoroso e compito, c’è il professor Casiglio. Lo scrittore non poteva accettare che quell’atto di gentilezza rimanesse impagato e senza la giusta ricompensa. È lì, nello studio di nonno, con una copia del suo romanzo d’esordio, “Il Conservatore”, e sul frontespizio c’è una dedica:

«Al signor Antonio Pilato, grato per la sua stima e per la sua umanità. Nino Casiglio – 1/XII/1994»

Antonello Pilato

Commenti