Nel 2019 La nave di Teseo ha pubblicato “Noi, il ritmo. Taccuino di un poeta per la danza (e per una danzatrice)” del poeta Davide Rondoni, che ha fondato e diretto il Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna. Un libro, dichiara la sua scheda, dedicato ai non-equilibristi e ai sognatori.
Trama di Noi, il ritmo
Il saggio è a metà fra la ricerca e la suggestione poetica.
È impostato come una lunga lettera per un amore mai vissuto, forse sfiorato, verso una ballerina che ha in animo solo un peso: cosa continuare a studiare?
E il poeta la incoraggia: se danzare è quello che vuoi, danza. Nasce così una lunga riflessione sui parallelismi e sulla grammatica comune esistenti fra la poesia e la danza, entrambe arti nate per “cavare” qualcosa, chi dal corpo, chi dal silenzio.
È uno stato di grazia che il poeta vuole descrivere nella sua miracolosità, e nei cui misteri decide di guidarci e incantarci.
Recensione
Il libro procede con una sensualità avvolgente, com’è consueto per la scrittura di Davide Rondoni, piena di immagini e spunti per nuovi orizzonti. Si balla e si scrive fino allo sfinimento, spiega; nella scrittura e nella danza ci sono punteggiatura e gesti, storie da raccontare.
“Danzare, scrivere, seminare” sono tutti aspetti dello stesso movimento, anzi dello stesso gesto. Il poeta ripropone questa parola, “gesto”, ricordandone l’etimologia come usa spesso fare nel suo percorso di ricerca: il latino gero, portare. Danza e poesia si caricano dello stesso significato misterioso: portare verso la la luce qualcosa di nascosto, concepito nel buio di sé.
“Credo che l’io umano sia sempre stato uno sciame, una vertigine nebulosa di identità. Poi arriva qualcosa, qualcuno, che ha un’attrattiva così potente, così eccezionale che tutto lo sciame, tutta la nebulosa o costellazione si direziona, si scompone, si unifica verso quella presenza.”
Nè il poeta né il danzatore tornano come prima, dopo la loro esecuzione, dice Davide Rondoni: l’arte trasforma entrambi. Li innalza, li rende eterni nella loro mortalità.
Viene citata la danzatrice fra le danzatrici: Salomé, l’unico volto del Vangelo la cui effige ci ha raggiunto, varcando i secoli, su una una moneta del 54 d.C. E poi tanti, tantissimi nomi dello studio, del pensiero e della danza: dal filosofo Platone al semiologo Roland Barthes, dalla critica di danza Vittoria Ottolenghi ai poeti Luzi, Nezval. Mallarmé, Rimbaud e Szymborska passando per i coreografi Mvula Sungani, Merleau-Ponty e danzatori come Baryshnikov, Duncan, Zacharova. Il libro è un viaggio bellissimo tra i gesti e le parole, suggellato, in copertina, da una fotografia del 1921 raffigurante Anna Denzler.
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