“Ombra mai più” è il nuovo libro di Stefano Redaelli, pubblicato da Neo edizioni a maggio 2022. È la prosecuzione ideale di “Beati gli inquieti” (Neo 2021).
Trama di Ombra mai più
In un’imprecisata località di mare dell’Italia centrale, Angelantonio Poloni torna a casa dopo tre anni di riabilitazione psichiatrica nella Casa delle Farfalle, luogo in cui lo abbiamo visto muoversi nel romanzo precedente.
Ritroviamo alcuni pazienti del mondo “di dentro”, in più conosciamo alcuni personaggi che rappresentano il mondo “di fuori”: i genitori, il barista Claudio, il giovane egiziano Rami.
Subentrano immediatamente delle difficoltà: sia per la reintegrazione sociale sia per la realizzazione di un sogno. Adesso, infatti, il protagonista vorrebbe pubblicare il romanzo che ha scritto nel corso del primo libro.
Il titolo richiama Händel e fa riferimento a un platano, presente nel romanzo e in copertina, che si carica di forti valenze simboliche.
Recensione
In “Ombra mai più” ritroviamo il tema della malattia della mente avviato in “Beati gli inquieti”, ma stavolta viene completato dalla riflessione, altrettanto significativa, sulla malattia del corpo. A questo proposito è molto significativo un passaggio che si sofferma sulla storia di Giacobbe. Nella sua lotta con Dio lui viene reso claudicante, ma è una disabilità molto vicina a un’onorificenza. Dovremmo forse augurarci anche noi un marchio, una traccia dei nostri disagi mentali? Saremmo più riconoscibili, forse perdonabili?
“Quando il silenzio supera una soglia, diventa offesa”
La dicotomia dentro-fuori è onnipresente. Il protagonista entra ed esce – in visita – dall’istituto psichiatrico; uno dei personaggi femminili esce ed entra nella sua testa; la madre del protagonista, prigioniera di una malattia infiammatoria autoimmune, entra ed esce dal letto.
In questo movimento, il motore di tutto è la “collocazione”. Qual è il posto di uno straniero, di un reduce, uno scarcerato, un disoccupato? “Nessun uomo è un’isola”, diceva John Donne: quello che accade a uno accade a tutti, non siamo fatti per stare soli.
“Ora vedo una profondità nuova, non di radici, ma di spazio: una profondità orizzontale”
Angelantonio ha come riferimento un platano vicino casa. Sotto le sue fronde si sente protetto, tranquillo; è qui che fa un incontro molto importante. L’albero ha una preziosa funzione di conforto. Presto, però, si scopre che stare nel mondo di fuori non è come in clinica: si è senza protezioni, e ognuno deve difendersi da solo.
Ed ecco un nuovo tema, già presente in “Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio”, di un altro abruzzese, Remo Rapino: la facilità con cui i deboli sono oggetto di violenza ingiustificata.
Quindi, c’è speranza o siamo condannati a vivere nel brutto, feriti, nella disperazione? Alla ricerca perenne del nostro posto nel mondo?
Il libro accenna a una risposta ma non si sbilancia. A noi è dato il permesso di continuare a sperare.