
“P.38 Solo i colpevoli devono morire. Solo Molina indaga ancora” propone la quinta indagine del fortunato personaggio creato da Franco Busato. È un ex bibliotecario dal fiuto investigativo che ha debuttato nel caso del delitto a Villa Arconati, il primo della serie a lui dedicata (Mursia Editore 2025, Collana Crime & Thriller, 224 p.).
Ringraziamo l’agenzia 1A comunicazione e la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.
Trama di Solo i colpevoli devono morire
Il killer, di solito, prima di premere il grilletto chiama la vittima per nome spinto da esigenze professionali e il sadismo del giustiziere. Deve scongiurare uno scambio di persona e fare in modo che il bersaglio possa realizzare il destino che lo attende. Il killer di questo poliziesco non fa eccezione. Appena il tempo di accertare le generalità, che il lampo di un proiettile trapassa il cuore di un tale Angelo Gugliardo. Questa è la prima di una serie di esecuzioni in piena regola apparentemente scollegate: un pregiudicato agli arresti domiciliari, un avvocato tombeur de femme, un politico sulla cresta dell’onda.
Senza un movente, un indizio, una prova che facciano luce sull’accaduto, le forze dell’ordine brancolano nel buio al punto da ipotizzare la pista di un nuovo gruppo criminale di formazione ideologica. La stampa si accanisce contro l’incapacità degli inquirenti di individuare il responsabile che sembra più di uno. Ad aumentare lo sconcerto è l’arma usata, una P.38, una vecchia conoscenza della polizia perché ogni pistola lascia una sorta di impronta digitale confermata da esami balistici e dati d’archivio. E questa vanta un curriculum di tutto rispetto. A partire dagli anni Settanta avrebbe partecipato ad atti terroristici, regolamenti di conti, rapine, omicidi. Poi eccola ricomparire nei delitti in questione dopo anni di silenzio:
“L’arma entrata nell’immaginario collettivo come simbolo degli anni di piombo, divenuta famosa per la foto del manifestante, immortalato a viso parzialmente coperto da un passamontagna, accucciato al centro della strada, mentre impugna a due mani con le braccia tese una pistola ad altezza d’uomo verso la Polizia. Ci fu un agente morto quel giorno“
A rebours
Al commissario Delia De Santis e i suoi collaboratori Pascal e Vetrino non resta che ricostruire gli ultimi cinquant’anni durante i quali la pistola sarebbe passata di mano in mano. Ma di chi? La supporta il compagno Solo Molina, capace di smussare la sua emotività con la pacatezza che gli è propria.
Nel corso della vicenda Solo Molina si imbatte in una figura enigmatica che suona il pianoforte in una stanza d’ospedale per alleviare con la musica la solitudine e la sofferenza dei malati. Sulle note di Beethoven, Mozart e Over the rainbow incanta un reparto che presto i colori dell’arcobaleno non li vedrà più.
Il mistero si infittisce quando il pianista, ieratico, si rivolge a lui chiamandolo Roberto Martinelli. Come fa a conoscere le ombre del suo passato che come un fiume carsico riaffiora impetuoso a turbare il cittadino onesto, il padre e compagno amorevole che è diventato?
Recensione
In “Solo i colpevoli devono morire”, la coppia investigativa si smarca da alcuni cliché. Delia De Santis sembra una donna equilibrata, senza grilli per la testa con una situazione sentimentale stabile. Rispetto a molte colleghe è una vera rarità. Di Solo Molina colpisce l’allergia ad ogni forma di protagonismo.
La trama sfrutta il potenziale simbolico di tre oggetti che marcano il territorio di frontiera tra bene e male, vita e morte, giustizia e ingiustizia con l’insondabile di uno sfumato leonardesco. Sono una panchina, un pianoforte e una pistola.

Quando viene uccisa mentre si abbandona a fantasie malate, la prima vittima siede su una panchina. La usa come postazione per scegliere la preda. Ma ci sono anche panchine positive. Quelle dai colori dei diritti e dell’impegno sociale che hanno cambiato simbolicamente il volto di Piazza Prealpi a Milano, centro di irradiazione di una storia che parte da lontano. Un’area ad alto tasso di criminalità che negli anni di piombo e negli anni Ottanta, la cui eco nel romanzo risuona con forza, ha monopolizzato la cronaca nera. Oggi la stessa piazza si apre al riscatto e alla speranza come Piazza dei Diritti.
Anche il pianoforte rimanda alla geografia meneghina perché probabilmente si ispira a quello situato nell’atrio dell’ospedale San Paolo a disposizione di chiunque desideri suonarlo.
Quanto al simbolismo, lo strumento musicale e la pistola si sovrappongono nei destini incrociati della vita e della morte. A dare serenità ai malati ci pensa un pianoforte Lucido e nero come una lapide, mentre in gergo viene detta Bambina bum bum una pistola dello stesso colore nata per uccidere.
“P.38 Solo i colpevoli devono morire” di Franco Busato mette la giustizia di fronte a sé stessa e alle sue crepe, senza perdere di vista gli uomini e le scelte che li spingono al male. Si interroga sulla percezione di troppe condanne che spesso i parenti della vittima e l’opinione pubblica considerano inadeguate. Un bell’intreccio tra detection, la fascinazione della musica, considerazioni amare sulla distanza tra legge e giustizia. E tanta umanità.
Isabella Fantin