“Però”

Se tu, alla supposta conosciamoci, ricevi da me l’ok : “Domani vado a T.d.L. in spiaggia a guardare un punto qualsiasi del mare vieni?”, rispondi: “Ho un impegno facciamo un’altra volta”, eppoi, a T.d.L in spiaggia, in quel “domani” diventato oggi, mi riconosci seduto su un tronco spiaggiato e, io riconosco te che passeggi ingioiellato da obesi ricercatori non ricercati della normale e riconoscendoti riconosco la disonestà della tua risposta, non dolerti del tentennamento che hai avuto mentre scappavi, dall’errore di calcolo commesso facendo marcia indietro fino a giungere al cospetto della mia trascurabilissima persona – su consiglio plenario, quanto improvvido, degli anormalidellaNormale – per chiamarmi timidamente: “Professore???” ( Professoredeche?! Mah…).

Imperdonabile passo falso! D’altra parte lo so, in foto vengo male, ma, da vivo è tutt’altra cosa eh! La fotografia mi è nemica almeno quanto lo è del depressissimo Dabassanoiacopo, i cui quadri in foto sembran brutti. Dal vivo: “Però!”. E io, fingendomi caduto dal però, sììì ti rispondo flautato, mentre “nel voltar il cranio faccio spander i folti riccioli dor”. ” Sono x x eblablabla”. “Salve, dico”. Tu:” Piacccere”. Al di là del fatto che “piacere” andrebbe usato – se il caso lo richiede -, come forma di conferma del piacere autentico, constatato in seguito all’avvenuta conoscenza, nel commiato e non prima, quando del “piacere” dovuto alla conoscenza di qua da venire non c’è verso di sapere, non a PUOI, sbavando, chiedermi il cell che hanno porci e porci, con le ali e senza, ma tu no. Eh, demagogopedagogista (assumersi “dietro” procreazione medica , nel dosaggio indicato. Sconsigliato alle donne in allenamento. In caso d’assunzione – a tempo indeterminato – avvisare immediatamente il MMG e attenderlo pazientemente per giorni perché c’è il Covid), che potevi aspettarti se non: “Ma, siamo già in contatto su Y, ci accorderemo lì per il futuro”. Per concludere, trovo che formulare nuove e indispensabili teorie sulla pedogalogia – vista la carenza del dibattito accademico e relative tonnellate di letteratura – e scrivere poi, sconcezze e falsità sul mio conto, approfittando delle mediatiche pareti dei cessi d’autogrillo (luoghi di formazione culturale per intere generazioni di onesti padri di famiglia dotati tutti quanti del comune disprezzo per il senso del pudore), manifesti con incontrastabile spietatezza, oltre l’adeguatezza del ruolo che rivesti, una lieve debolezza caratteriale, che, buon per te, sai nascondere bene tra titoli e ripubblicazioni che dànno tanto lustro, lustrodopolustro. Io ti vedo lo stesso per quel che sei. Sta qui il problema, tuo.

Come la mettiamo? Ora, sei fortunato perché mi trovo attualmente un pochino affaccendato in faccende altre (dormire 8 ore delle ultime 96 non m’aiuta, sarò sincero, come non mi aiuta la carcassa corporale sempre più abbisognevole di cadenzate revisioni di arti varie) e dunque, provvisoriamente, non posso dedicarmiti secondo la consideravibrazione che meriteresti. Habby fede e Pasiensa. Cerca di smetter, va, maestrina in veste da Preside, altrimenti rispolvero il motto rubato all’invitata Oriana: “Non dimentico e non per-dono! E lo rafforzo con quello mediceo: “Più mi tagli più ricresco”, riferendosi loro, i Medici non chirurghi, all’alloro. È proprio così: più lo tagli più ricresce, un po’ come i condilomi accuminati, per intenderci. Ti saluto, nel modo più impersonale possibile, utilizzando la frasetta letta sul biglietto da visita dell’alimentari sotto casa: “Arrivederci e grazie”.

Gino Pelliccia

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