Lo scrittore americano Fredric Brown (1906-1972) era un maestro del racconto breve oppure brevissimo. Le sue storie – a parte qualche eccezione – appartengono al genere fantastico. Più precisamente a quello fantascientifico. Come questo mini-racconto.
L’ultimo uomo sulla Terra sedeva da solo in una stanza. Qualcuno bussò alla porta.
Non ha titolo, e non è stato scritto da Stephen King, al quale è stato attribuito solo perché lo avrebbe citato nel corso di un’intervista.
La sintesi si condensa in due sole frasi, redatte in uno stile volutamente freddo ed essenziale. C’è tutto quel che serve. Niente di più.
La prima ci introduce nel contesto. Siamo in presenza di una palese situazione apocalittica. Una distopia. Si allude a un prima. Durante il quale è sicuramente successo qualcosa di terribile.
Il protagonista è il superstite della razza umana, sterminata da un qualcosa che non viene specificato. Forse una guerra. Oppure un’epidemia. Magari qualche cataclisma di origine naturale. Il lettore può sbizzarrirsi nella formulazione di ipotesi più o meno plausibili. Alla fantasia, in fondo, non c’è limite.
Notiamo una curiosa ridondanza. Un elemento in apparenza superfluo. Se l’uomo di cui si parla è l’ultimo rimasto sulla Terra, non dovrebbe esserci alcun bisogno di specificare che si trova da solo nella stanza.
Sembra tutto tranquillo. Il sopravvissuto non sta facendo nulla. Si limita a sedere nella stanza. Nell’ultimo, forse, angolo di pace sul pianeta. Può darsi che aspetti qualcuno. C’è, comunque, un che di innaturale nella scena che ci troviamo davanti. Tanto più che dal protagonista non traspare alcuna emozione. Non sappiamo se sia sereno oppure angosciato. La calma dell’ambientazione ha un che di artificiale.
La conferma ci viene data dalla seconda frase, più secca ancora della prima. Un fatto assolutamente consueto – qualcuno che bussa alla porta – assume valenze inquietanti, perché inserite in un contesto anomalo.
Ma l’uomo che siede nella stanza non era l’ultimo rimasto sulla faccia della Terra? Se è così non dovrebbe bussare nessuno. Guardate come la scelta delle parole sia tutt’altro che casuale. Brown utilizza qualcuno, non qualcosa. Quindi presuppone l’esistenza di un altro essere umano.
Il secondo periodo costituisce un elemento di disturbo, l’anomalia nell’anomalia. E trasforma questa brevissima narrazione in una storia horror. A questo punto la mente di chi legge parte per la tangente. E comincia a porsi delle domande. Ma allora quell’uomo non è più solo? Chi sta bussando alla porta? Il protagonista aprirà? E se sì, cosa accadrà?
In una sola riga di testo l’autore è riuscito a creare una storia carica di tensione con imprevisto colpo di scena finale. Non sono in molti a poterlo fare. Anzi.
Potete anche leggere il racconto Sentinella di Fredric Brown o L’unico sbaglio.
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