“In mezzo scorre il fiume” – Norman Maclean


Voto: / 5

Il cinema attinge dalla letteratura più di quanto non si pensi. Sono tratti da un romanzo il primo Rambo e anche il primo Alien (ho letto solo il secondo, scritto da Alan Dean Foster, e devo ammettere che non è per nulla malvagio). Io non me ne rendo sempre conto, perché di solito non guardo il film: leggo il libro.


Così ho fatto nel caso di In mezzo scorre il fiume. La pellicola risale al 1992. Circa centoventitre minuti diretti da Robert Redford. L’ho evitata come un malessere fastidioso. Perché invecchiando ho sviluppato – vai tu a capire perché – una forte antipatia nei confronti del regista/attore. Ragion per cui, mi sono detto: questo puoi anche perderlo.

E l’ho perso. Molti anni più tardi ho scoperto che è tratto da un romanzo con lo stesso titolo. L’ha scritto un certo Norman Maclean. L’ho visto in un mercatino dell’usato. Costava poco ed era tenuto bene. Così mi sono fatto pizzicare dalla voglia. È stato un azzardo. Se compri un libro a scatola (ermeticamente) chiusa, a volte va bene e altre volte va male.

Copertina di In mezzo scorre il fiume

Norman Maclean, In mezzo scorre il fiume, Adelphi, Milano, 2001.

Trama In mezzo scorre il fiume

In questo caso è andata piuttosto bene. L’autore racconta in prima persona la storia di due fratelli: Norman (l’io narrante) e Paul. Lo si potrebbe quasi definire la cronaca, partecipe e sentita, di un’esistenza votata all’autodistruzione. Il destino di Paul è segnato. Finirà male, e senza permettere al padre e al fratello di aiutarlo: «Sono proprio le persone con cui viviamo, che amiamo e che dovremmo conoscere meglio, a eluderci».

Alla fine, resta appena lo spazio per un’amara conclusione: «Così accade […] che di rado si riesce ad aiutare qualcuno. O non sappiamo quale parte di noi dare, oppure non abbiamo voglia di darne alcuna. Inoltre, quasi sempre chi ha bisogno di una parte di noi non la vuole. E ancora più spesso non abbiamo la parte di cui l’altro ha bisogno. E come al negozio di ricambi d’auto giù in città, dove ti dicono sempre: “Spiacente, questo non l’abbiamo”». Io continuerò a schivare il film di Redford. Però il romanzo ve lo consiglio.

Commenti