“Revolutionary Road” – Richard Yates


Voto: / 5

Era dai tempi di Madame Bovary che non mi commuovevo tanto, leggendo un libro. Proprio quel genere di sentimentalismo detestato dai Wheeler, Frank e April. Quando una storia risulta così emotivamente forte, quando i personaggi generano una tale empatia, quante stelle si possono dare al libro che la racconta? Io tutte.


La recensione di Revolutionary Road

copertina revolutionary roadIl primo lavoro di Yates, e lui parte col botto: l’epilogo, la scena conclusiva la scrive nella prima pagina, in cui racconta di uno spettacolo teatrale. Una metafora perfetta. Si intuisce già che ci sia un copione scritto, a cui gli attori e le comparse devono attenersi: il copione delle aspettative. In fondo sono gli Stati Uniti degli anni ‘50, un’America post bellica e vittoriosa, tutto deve essere perfetto, non si devono tradire le aspettative della società, nemmeno quella del quartiere. Un padre è perfetto se guadagna sufficientemente per mantenere la famiglia in una bella villetta suburbana; la madre è perfetta se vive all’ombra del marito e lo attende al rientro dal lavoro con l’aperitivo in mano. 

Ma in Revolutionary Road, alla flaubertiana April – non a caso ho parlato di Madame Bovary all’inizio- e al fitzgetaldiano Frank tutto questo sta stretto, sta stretto il profondo vuoto della provincia, stanno stretti i superficiali vicini di casa, così monotoni e ripetitivi, mentre gli Wheeler… così anticonformisti e moderni. E lo sono, perché April è una donna emancipata ma che fatica ad esprimersi, molto “contratta”, e Yates la racconta sempre e solo dal punto di vista del marito. Con altre comparse della storia (Mrs Givings l’agente immobiliare o Shep il vicino di casa), l’autore ci consente di fare incursione nei loro pensieri in maniera diretta, spiegandoci i loro punti di vista. Il punto di vista su April rimane pressoché sempre esterno, conferendole una personalità di difficile definizione, quasi sfuggevole, apparendo talvolta forte e talvolta fragile, probabilmente proprio in funzione delle sensazioni che suscita a Frank.

Yates ha una enorme capacità di descrivere la realtà e in Revolutionary Road la realtà non è tra le più piacevoli. Racconta una storia di coppia senza tempo, che, tolti i dettagli degli abiti o delle procedure lavorative, potrebbe essere stata scritta ieri, non nel 1961; una storia di incomprensioni e compromessi, di disagi e disperazione, di rabbia e di amore (ma gli Wheeler si amano veramente?), scrivendo dialoghi e situazioni in cui può capitare di immedesimarsi. Gli uomini e le donne di Yates sono talmente veri e vivi che risultano svuotati di falsità e ipocrisia letterarie, possono sembrare, dolorosamente, noi stessi in una qualsiasi fase della nostra vita. Per questa ragione non si può non amare quest’autore: col suo stile diretto, incisivo lui parla di soggetti ordinari in maniera straordinaria

Richard Ford, nella prefazione, scrive molte cose interessanti sul romanzo, ma i passaggi che preferisco sono all’inizio: “i grandi libri, come i grandi amici, devono essere condivisi” e alla fine: “un desiderio da lui [Yates] espresso un giorno ad Andre Dubus: non voglio il successo, voglio lettori. Un desiderio che merita di essere esaudito.”

Una menzione speciale va a John Givings, il pazzo schizofrenico, forse l’unica persona reale all’interno di quelle vite farsesche. John che sputa verità e che le sbatte davanti al naso degli attori, facendo crollare il palcoscenico.

Sempre di Richard Yates puoi leggere anche la recensione di Disturbo della quiete pubblica.

Chiara Carnio

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