Senso unico alternato

Ritenendo che un ringhio sia una modalità comunicativa poco efficace, affiancato quindi con un soffio e indirizzando il tutto a quell’essere spocchioso che non solo ha osato invadere il suo territorio, ma sta lì ad osservarlo come se non avesse di meglio da fare, Oscar non si sposta di un millimetro dalla sedia in terrazzo. Chi si crede di essere quel fenomeno che solo perché pesa una quindicina di chili più di lui, vorrebbe tenergli testa?
Dopo essersi ben installato in casa, aver fatto capire ai coinquilini umanoidi – quindi con scarse capacità di comprensione dell’universo felino – le sue esigenze, ci mancherebbe che adesso lasciasse il conquistato posto al sole! Per chi poi? Per quell’esemplare dal nome ridicolo, Pongo, a cui da qualche giorno tutti sbavano dietro. Da quando ha messo la zampa in casa è un continuo risuonare: Pongo di qui, Pongo di là. Vieni Pongo. Bravo Pongo.
Vuoi mettere rispetto al nome Oscar, con la sua sonorità germanica?
Dai Oscar, lui vuole solo giocare – sente la padrona di casa richiamarlo.
Giocare? Oscar non è gatto da perdersi in giochi, bandite le smancerie inutili; una strofinata sulle gambe di chi gira per casa è quanto basta per richiamare ad un opportuno travaso di crocchette nella ciotola, al limite un miagolio aggiunto, se proprio non si sentisse onorato in modo tempestivo delle attenzioni che gli spettano.
Oscar, arrivato dal gattile due anni fa, si è impadronito della casa; solo dopo qualche mese ha osato aprire un varco nella sua vita geograficamente ristretta appostandosi sui davanzali delle varie stanze per buttare un occhio semichiuso alla vita mondana esterna finché, presosi ancora un altro po’ di tempo, lui abitudinario felino d’appartamento, ha deciso di avventurarsi fin sul marciapiede.
Normale chiedersi: -Tirerà fuori dal DNA l’istinto predatorio? Caccerà uccelletti e farfalline? Niente di tutto ciò. Aveva solamente assunto su di sé il compito che risulta storicamente riservato ai cani domestici: scopo della sua trasferta esterna, ma limitata a qualche momento del giorno, da allora è sempre stato difendere strenuamente il territorio. Ovviamente con gli unici nemici che potevano presentarsi: i gatti del vicinato. Doppia faccia, anzi doppio muso: tranquillità in casa, ma fuori guerra dichiarata, con lotta armata di artigli se necessario, nei confronti dei suoi simili, possibilmente senza scendere dal marciapiede.
Ebbene, che sconvolgimento sarà successo nella sua testa felina quando si è visto arrivare ‘sto bestione – lui non può sapere che di cucciolo si tratta – che non solo gira per le stanze impunemente, ma sprofonda nel divano, annusa dentro la sua ciotola? Mai gli era capitato di aver nelle vicinanze qualcuno che interferisse nella sua ordinata, quieta vita. E il bello è che quest’esemplare lo fa con l’aria più ingenua che si possa immaginare. Pongo, e il nome già dice qualcosa, è infatti il cane più malleabile che ci sia: da dimenticare gli scopi per cui millenni fa l’uomo decise di tenersi qualche suo antenato a difesa, come sentinella; lui fa sospettare piuttosto che scodinzolerebbe felice attorno ad un possibile ladro mentre svaligia la casa, anzi lo aiuterebbe a spostare gli oggetti, tenendoli in bocca.
Tanto il gatto è diffidente, così Pongo invece sembra riporre tutta la sua fiducia nel genere umano, canino e felino.
Per cui ora la soluzione è un senso unico alternato, almeno nelle vie di passaggio, come le scale: aprire prima al gatto il mattino – in fondo due anni di permanenza in più gli hanno valso questa concessione – indirizzarlo in terrazza, chiudere la porta, semaforo arancione per controllare, quindi il via a Pongo che inizia allegramente a girare per casa, nella sua gioiosa esuberanza. Obbligatorio chiudere la porta della camera se qualcuno è ancora a letto perché, dando prove di estrema confidenza, si prenderebbe un’eccessiva intimità tuffandosi sopra o sotto le lenzuola, mostrando che tutte e due le sistemazioni sarebbero indifferentemente gradite. Quindi, mandato in cucina, scruta subito fuori dalla portafinestra, vedendo il gatto che dalla terrazza non gli toglie gli occhi di dosso, solleva le zampacce sul vetro – Vetril sparato a razzo una due tre volte al giorno– e si ferma incantato ad osservare quel mucchio di pelo immobile ma con una bomba ad orologeria prontissima ad esplodere.

Non si può spiegare ad Oscar che l’adozione di Pongo non è stata una passeggiatina: visita al canile, arrivo dei volontari a casa, ispezione scrupolosa del territorio circostante, misurazione del recinto (dove non sta mai), ulteriore innalzamento dello stesso perché questo miglior amico dell’uomo ha prontamente mostrato le abilità di arrampicata, in un anelito di libertà che ha commosso tutti i presenti. A seguire interrogatorio ai padroni di casa che, senza avere al loro fianco un difensore di fiducia, sono riusciti a convincere i volontari che mai, mai erano stati denunciati per atti di crudeltà nei confronti di qualsiasi animale. Per completare periodo di prova con video e foto spediti al canile. Eh no, Oscar non lo immagina perché quando è stato preso lui dal gattile è bastata un’autocertificazione a voce e qualche carezza sulla sua schiena pelosa perché potesse definirsi aggiudicato.
Se da un lato c’è la buona volontà di Pongo di familiarizzare, non c’è da scommettere su quella di Oscar per il quale la socializzazione è in fondo, ma proprio in fondo, alla scala dei valori.
I proprietari della casa temendo comunque che, come per i lavori in corso, il senso unico alternato abbia bisogno di proroghe infinite, riservano come loro insindacabile diritto la sua gestione,
temporanea o permanente che sia, assegnando la precedenza all’uno o all’altro degli utenti sopraccitati a seconda delle circostanze, delle necessità o anche… dell’umore familiare!

Loretta Casagrande

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