“Solo è il coraggio. Giovanni Falcone” è il nuovo romanzo di Roberto Saviano pubblicato da Bompiani ad aprile 2022 nella collana I narratori italiani. Ringraziamo la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio. Dello stesso autore abbiamo recensito anche “Gridalo“.
Trama di Solo è il coraggio
“Le conoscenze che ognuno di noi ha accumulato non devono disperdersi. Se cade uno, non cade anche l’indagine. Se cade uno, sappiamo che prima di cadere ha passato il testimone.”
Già, perché la lotta alla mafia è una sorta di staffetta in cui ognuno fa la sua parte, passa le carte al prossimo e se ne va al creatore.
Lo sanno bene Giovanni Falcone e tutti coloro che, come lui hanno speso la vita nella lotta alla mafia; un’organizzazione che grazie al tenace lavoro di uomini coraggiosi, oggi si sa complessa e consolidata trovando substrato fertile nell’ignoranza e nell’ omertà di un popolo.
Il puzzle è complicato , le tessere sono microscopiche, delinearne i contorni appare impresa impossibile. Almeno fino al giorno in cui, qualcuno non è riuscito a penetrare la psicologia dei mafiosi e scardinarne l’omertà.
(Buscetta è stato il primo pentito o collaboratore di giustizia a rompere il silenzio.)
Il prezzo da pagare per indagini del genere è altissimo, ci si muove in un campo minato, il rischio è alle stelle, i nervi sono messi a dura prova: lunghissime notti di lavoro, pensieri cupi e pesanti come macigni, isolamento e, a gravare terribilmente sulle spalle di un uomo già provato, la spaventosa ,tangibile consapevolezza di camminare su carboni ardenti e con una taglia sulla testa.
Non tanto morire, quanto la scadenza a lasciare senza fiato, la certezza che l’evento, violento e per nulla naturale, nonostante le precauzioni e gli angeli della scorta che purtroppo immortali non sono e nemmeno infallibili, si verificherà a strettissimo giro.
Del resto, l’inconsapevolezza del momento fatidico è il perno attorno a cui ruota l’intera esistenza. Infatti, progettare è quanto ognuno di noi fa quando immagina davanti a sé, ancora molte primavere.
Recensione
Credo che il vero danno non sia la morte in sé, quanto privare una persona della speranza e del futuro.
Le domande nel corso della lettura sono state tantissime. Mi sono più volte chiesta quali fossero i reali pensieri di chi vive con una taglia sulla testa e quelli di chi riceve una telefonata che annuncia che il tuo amico fraterno, è saltato in aria sul tritolo.
Cosa succede davvero nella mente di un uomo quando la morte gli cammina così vicino da sentirne i passi e il fiato sul collo? Da quale motore è alimentato un individuo che rifiuta categoricamente di mettere la testa sotto la sabbia, e che con l’appellativo di “scassaminchia” e un bel bersaglio cucito addosso, non volta lo sguardo altrove, e spesso con il bastone tra le ruote, isolato, braccato e senza scampo prosegue la sua strada?
La sete di giustizia? Il profondo desiderio di riscattare un popolo, quello siciliano , da una reputazione penalizzante? Cosa?
Perché giocare alla roulette russa ogni giorno? Perché vivere sotto scorta? Rinunciare alla tanto agognata normalità? Perché rinunciare a tutto, anche a mettere al mondo dei figli? “ Non si mettono al mondo orfani” ripeteva Falcone a sua moglie. Perché?
Perché vivere l’isolamento, accettare di essere osteggiato anche da chi, senza pensarci due volte, avrebbe dovuto appoggiare? O sottostare a biglietti del genere da persone comuni, che avrebbero, infine, tratto solo beneficio dall’annientamento di un’organizzazione così ben radicata e soprattutto strutturata, come la mafia?
“Regolarmente, tutti i giorni, al mattino, nel primissimo pomeriggio e alla sera, vengo letteralmente assillata da continue assordanti sirene di auto della polizia che scoratano i vari giudici. Ora mi domando, è mai possibile che non si possa riposare un poco nell’intervallo del lavoro…
Non è che questi “egregi signori” potrebbero essere piazzati tutti insieme in villette alla periferia della città in modo tale che sia tutelata la tranquillità di noi cittadini-lavoratori e l’incolumità di tutti noi, che nel caso di un attentato siamo regolarmente coinvolti senza ragione”
Perché mettere a repentaglio la propria vita se la maggior parte delle persone vede in questi “egregi signori”, non ancore di salvezza ma presenze scomode? Vale la pena rischiare ogni giorno di morire se un programma televisivo e un po’ di riposo hanno più peso di un sacrificio?
Perché non chiamarsi fuori? Cosa spinge un individuo in questa direzione?
Quante volte e quanto spesso si insinua il pensiero “ chi me lo ha fatto fare?”
Riflessioni
C’è forse un momento esatto in cui non ci si può più tirare indietro? Si è dentro fino al collo, non è più possibile invertire la marcia..il cerchio si stringe, o si avverte il dovere di chiuderlo il cerchio? Oppure fa capolino un senso di invincibilità per averla fatta franca ancora una volta e allora ci si illude che ci sarà sempre una buona stella a protezione? Quante volte un’individuo, bugiardo e conscio di esserlo spudoratamente, ripete a se stesso: “questa è l’ultima volta che corro il rischio”, sapendo di prendere in giro se stesso perché no, lo sa benissimo che quella non sarà l’ultima volta?
Come se scattasse qualcosa, una molla che non saprei definire, che spinge a non allentare la presa…
Sono queste alcune delle domande che mi sono posta nel corso della lettura, e alle quali avrei voluto trovare risposte.
Ecco, a voler trovare una pecca del manoscritto, credo sia questa: esso avrebbe potuto rappresentare l’occasione per sviscerare non tanto i fatti, che ognuno di noi può apprendere dai quotidiani dell’epoca, quanto i perché. Dopotutto lui, l’autore intendo, che vive sotto scorta, saprebbe farlo meglio di chiunque essendo sicuramente più vicino a capire quale sia il meccanismo che permetta di non soccombere. Forse risposte non ci sono, forse ognuno di noi, coerente con la propria sensibilità, può provare a immaginarle.
La mia è solo un’opinione personale che mi auguro costruttiva e che non vuol essere critica ostile, nulla vuol togliere al certosino lavoro di Saviano che tuttavia, offre al lettore molti retroscena e “dietro le quinte”. Di Falcone emerge non solo il magistrato ma anche l’uomo : Giovanni che amava profondamente Francesca, gli spaghetti con i ricci di mare e che collezionava papere di porcellana.
La scrittura è pulita e il romanzo resta di grande interesse, esso ripercorre minuziosamente le tappe di alcune delle pagine più intense della storia del nostro paese e della magistratura.