Sotto osservazione

Ma che importa un’eternità di dannazione a chi trovò in un attimo l’infinito del godimento?

Charles Baudelaire
Immagine presa dal film "The Truman Show" che raffigura Jim Carrey ripreso da una telecamera

«Fatemi uscire da qui».
«Non è possibile».
«Voglio tornare a casa».
«Sei già a casa».
«Con quale diritto…».
«Ti abbiamo messo sotto osservazione».
«Sto benissimo».
«Questo non è un ospedale».
«Si spieghi meglio».
«Sei un fenomeno. Del nostro tempo. Del tuo tempo».

Una città su misura. Creata apposta per lui. Popolata d’ologrammi capaci addirittura di sostenere una conversazione, semplice oppure complessa.
Hanno pensato a ogni cosa. Strade e negozi… un paio di cinema di media grandezza… biblioteche fornitissime e aperte ventiquattr’ore su ventiquattro… lo stadio, fornito di tifosi esagitati… il mercato, aperto di mercoledì e sabato… c’è perfino la stazione ferroviaria.

Le condizioni meteorologiche vengono simulate tramite un apparecchio dal nome impronunciabile.
«Puoi impostare una giornata di sole oppure un acquazzone».
«Fa anche la neve?»
«Certo».
«Detesto la neve».
«Allora non programmarla».

Spiritoso. Programmati un fulmine dove dico io. Voglio andarmene da questo posto.
Purtroppo «non è possibile».

Comunica con loro tutti i giorni, verso le sei del pomeriggio, sempre allo stesso modo: entra in una cabina telefonica, preme il tasto dello zero e il pavimento si abbassa. In pochi secondi si ritrova in un confortevole salotto, pieno zeppo di schermi e microfoni. Una volta ha provato a contarli, ma gli è venuto il mal di testa e ha dovuto smettere.

«Sei un fenomeno».
«Fa proprio ridere».
«Del nostro tempo».
«Ormai l’ho imparata a memoria».
«Del tuo tempo».
«Ma quale tempo? Io non ho tempo: me ne avete dato troppo».
«Non riusciamo a capire».
«Cos’è che non capite?»
«Sei depresso, eppure hai un’intera città a tua disposizione, puoi fare quello che vuoi…».
«Tranne tornare a casa».
«Ne abbiamo già discusso…».
«Sì, sì, lo so. Non intendo tornare sull’argomento, tanto è inutile».
«Pensa a quante persone vorrebbero essere al tuo posto…».
«Trovatemene una. Una sola. E smetterò di rompervi le scatole. Mi piegherò al vostro volere».

«Be’, ecco, noi…».
«Lasci perdere. Si sta arrampicando sugli specchi».
«Proprio non riusciamo a capirti…».
«Ed è il vostro compito, non è così? Studiarmi…».
«Precisamente».
«Bene. Oggi mi sento generoso. Un paio di cose voglio spiegargliele io».
«Prego».
«Mi sento a disagio».
«Ma perché?!…»
«NON MI INTERROMPA!»
«Non è necessario alzare la voce…».

«Con voi sì. Dicevo… mi sento a disagio, spiato. Avete piazzato telecamere ovunque, e non vi siete preoccupati di camuffarle come si deve. Se mi considerate un fenomeno, perché continuate a offendere la mia intelligenza con questi giochetti idioti?»
«Sei davvero un fenomeno…».
«Basta».
«Ma è la verità!»
«Sto per chiudere bruscamente la comunicazione. Cerchi di non offendersi».
«Asp…».

Quando gli viene la malinconia, se ne va in stazione a guardare gli ologrammi che aspettano il treno.
Treni finti sfrecciano veloci sui binari e non fanno fermate. Vorrebbe prenderne uno per andare via.

Ne arriva un altro…

Ehi, tu!  Dove vai? Fermati e portami con te. Da qualche parte arriverai. A me basta sapere questo.

Si siede su una delle panchine. Non è solo. Vicino al binario quattro c’è un vecchio che tiene in braccio la nipotina. Sono fatti proprio bene. Sembrano quasi veri. Dall’altoparlante una voce consiglia di allontanarsi dai binari per treno in transito. Sono tutti in transito. Qui non si ferma mai nessuno…

Ridicolo. Però…

Il sibilo assordante del treno e lo spostamento d’aria provocato dal suo passaggio spaventano la bambina, che si mette a piangere come una disperata. Il nonno cerca di consolarla come può, ma gli scappa da ridere. Ologrammi?

«Sono tutti ologrammi».
«Tutti?»
«Dal primo all’ultimo».
«Insomma, non sono veri».
«Pure immagini, rappresentazioni di qualcosa che non è lì».
«Una specie di miraggio…».
«Sì, ma tecnologicamente molto più evoluto».
«Cos’altro non è vero, in questo posto?»
«Praticamente tutto quello che vedi. Quindi è inutile che tu cerchi di stabilire un… contatto con qualcosa o qualcuno».
«Lo terrò presente».

Una reazione troppo umana. Troppo reale. Certe cose mica si possono riprodurre: la bambina che piange perché è passato il treno e il nonno che ride delle sue lacrime…

Avrei voluto vedere lui, a cinque anni. Se la sarebbe fatta addosso, ci scommetto. Questo cambia tutto. Eh sì, amici miei. Non posso più ragionare in termini di ologrammi o di finzione. Devo cominciare a prendere in considerazione l’idea che questo posto sia… vero, così come sono vero io.

L’hanno preso in giro. Se lui aveva accettato di fidarsi di loro, perché loro non hanno voluto fidarsi di lui? Perché è un fenomeno? I fenomeni si studiano, si mettono alla prova.

Adesso una prova la faccio io. Ho voglia di un po’ di sana… sperimentazione.

Le gambe conoscono la strada e vanno veloci: la stazione è da quella parte. Non hanno certo avuto il tempo o la possibilità di spostarla. Probabilmente non hanno nemmeno i mezzi per farlo.

Scende sui binari. Siede, in attesa.

Avverte un fischio in lontananza: uno dei tanti treni in transito.

Ora la vedremo. Siete pronti, bastardi? Ho una sorpresa per voi…

Il macchinista lo vede.

Ci siamo.

Il treno rallenta.

Si ferma a pochi centimetri dal suo viso. Uno degli sportelli si apre: il controllore gli fa cenno che, se vuole, può salire. Lui sale.

Le telecamere della stazione hanno ripreso la scena. Sorridono. Non possono farne a meno.

È proprio un fenomeno.

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