“Le otto montagne” – Paolo Cognetti


Voto: 5 stelle / 5

La montagna è la compagna più fedele della storia di Pietro, il protagonista del romanzo ” Le otto montagne” di Paolo Cognetti, pubblicato nel 2016 , vincitore del premio Strega nel 2017 e da cui recentemente è stato tratto un film.

Di Paolo Cognetti abbiamo recensito anche “La felicità del lupo” e “Giù nella valle“.

Trama di Le otto montagne

Già prima che Pietro nascesse, i suoi genitori erano legati dall´amore per la montagna , per le vette dolomitiche tra Veneto e Trentino, luogo in cui essi abitavano.
Poi, a causa del lavoro, i due giovani sposi , che avevano celebrato il loro matrimonio ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo, si devono trasferire a Milano, ma portano con sé l´amore per la montagna.
Proprio questo amore li porterá ad acquistare una casetta in un piccolo paese , Grana, ai piedi del Monte Rosa. Pietro vive le estati della sua infanzia in questo piccolo borgo, abitato da una decina di persone, tra le quali Bruno, un ragazzo suo coetaneo che porta al pascolo le mucche.
Grazie al carattere aperto e socievole della madre di Pietro, i due si incontrano e diventano compagni di passeggiate alla scoperta degli angoli segreti dei crepacci, dei torrenti e delle valli incontaminate.
Insieme al padre,Pietro inizia le sue scalate in alta quota, verso i rifugi e i ghiacciai, ogni anno un quattromila da aggiungere al proprio curriculum.

Ma i ragazzi crescono, le cose cambiano tra di loro, ognuno prende percorsi diversi che li allontanano , si creano incomprensioni tra le famiglie e anche tra Pietro e il padre il rapporto si spezza.
Solo dopo la morte di quest´ultimo si svelano a Pietro tanti aspetti quasi sconosciuti e si riallaccia il rapporto con Bruno. Pietro scopre che Bruno e il padre spesso sono saliti insieme in quota e avevano continuato a frequentarsi

“…forse avremmo condiviso quei momenti; piú che la gelosia, provavo il rimpianto di non esserci stato. Mi sembrava di essermi perso le cose piú importanti, mentre ero indaffarato in altre di cosí futili che nemmeno me le ricordavo...”.

Di nuovo insieme, i due amici collaborano per dare vita alla volontá del padre, lasciata nel testamento e riscoprono il loro rapporto che non si é mai spezzato , nemmeno con la lontananza.
Questi due personaggi cosi diversi per carattere, estrazione sociale e percorsi di vita si scoprono complementari , capaci di comprendersi senza parole e di parlarsi anche dentro a lunghi silenzi.

Recensione

Tu sei quello che va e viene, io sono quello che resta. Come sempre, no? dice Bruno : Pietro parte spesso, ha il sogno di diventare documentarista e viaggia verso il Nepal , conosce la leggenda delle otto montagne e degli otto mari e del monte Sumeru che sta al centro, inizia a impegnarsi come volontario per la popolazione di quel luogo.
Ritorna a Grana quando la madre lo avverte che Bruno, che nel frattempo é diventato padre di Anita, attraversa un periodo di crisi, a causa del fallimento della sua azienda agricola e del suo rapporto con Lara.
Nella baita di montagna i due ancora una volta riescono a supportarsi l´un l´altro: la concretezza di Bruno insieme all´inquietudine di Pietro. A fare da sfondo la montagna, autentica e sincera :

siete voi di città che la chiamate natura. È cosí astratta nella vostra testa che è astratto pure il nome. Noi qui diciamo bosco, pascolo, torrente, roccia, cose che uno può indicare con il dito. Cose che si possono usare. Se non si possono usare, un nome non glielo diamo perché non serve a niente.

Nella baita e durante i lunghi cammini tra i sentieri e le salite, Pietro impara a capire la figura del padre, a comprenderne il modo di pensare e il suo comportamento verso la montagna , le frasi sul ghiacciaio e la memoria

(…) il ghiacciaio, disse a me e Bruno sul sentiero, è la memoria degli inverni passati che la montagna custodisce per noi. Sopra una certa altezza ne trattiene il ricordo, e se vogliamo sapere di un inverno lontano è lassú che dobbiamo andare.

L´avversione verso gli sciatori che prendono d´assalto le cime durante le vacanze invernali.

D’inverno la montagna non era fatta per gli uomini e andava lasciata in pace. In quella sua filosofia del salire e scendere, o del fuggire in alto dalle cose che ti tormentavano in basso, alla stagione della leggerezza doveva seguire necessariamente quella della gravità, ovvero il tempo del lavoro, della vita in pianura e dell’umore nero.

Ed è in un tragico parallelo con la vita del padre che Pietro ne accoglie il ricordo e gli insegnamenti, viaggiando verso le otto montagne.

Da mio padre avevo imparato, molto tempo dopo avere smesso di seguirlo sui sentieri, che in certe vite esistono montagne a cui non è possibile tornare. Che nelle vite come la mia e la sua non si può tornare alla montagna che sta al centro di tutte le altre, e all’inizio della propria storia. E che non resta che vagare per le otto montagne per chi, come noi, sulla prima e piú alta ha perso un amico.

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