Nei racconti fantascientifici religione e scienza procedono spesso a braccetto. Per non dire che l’una invade il campo dell’altra. Se ne può avere un buon esempio nei racconti e nei romanzi di Philip K. Dick. E in un breve racconto di Fredric Brown intitolato La risposta (lo si può leggere a pagina 77 della raccolta I racconti più brevi del mondo pubblicata nel 2005 dall’editore Fahrenheit 451).
Con gesti lenti e solenni Dwar Ev procedette alla saldatura, in oro, degli ultimi due fili.
Gli occhi di venti telecamere erano fissi su di lui e le onde subteriche portarono da un angolo all’altro dell’universo venti diverse immagini della cerimonia.
Si rialzò con un cenno del capo a Dwar Reyn, e s’accostò alla leva dell’interruttore generale: la leva che avrebbe collegato, in un colpo solo, tutti i giganteschi calcolatori elettronici di tutti i pianeti abitati dell’Universo – 96 miliardi di pianeti abitati – formando il super circuito da cui sarebbe uscita il supercalcolatore, un’unica macchina cibernetica racchiudente tutto il sapere di tutte le galassie.
Il contesto è indubbiamente alieno (credo si possa affermare con certezza che Dwar Ev e Dwar Reyn non sono esattamente nomi terrestri).
L’autore non descrive queste due creature. Possiamo solo immaginare che abbiano fattezze antropomorfe. O somigliare a chissà che altro.
Indoviniamo di essere capitati nel bel mezzo del momento clou. Nella prima frase spiccano gli aggettivi lenti e solenni, riferiti ai gesti del primo extraterrestre. Senza contare il particolare degli ultimi due fili.
In effetti stanno preparando una specie di supercomputer in diretta televisiva universale (il che contribuisce a renderlo molto più che attuale). Da ogni capoverso traspare una palpabile, grande aspettativa, costruita e dosata magistralmente dall’autore:
Dwar Reyn rivolse un breve discorso agli innumerevoli miliardi di spettatori. Poi, dopo un attimo di silenzio disse: «Tutto è pronto Dwar Ez». Dwar Ez abbassò la leva. Si udì un formidabile ronzio che concentrava tutta la potenza, l’energia di novantasei miliardi di pianeti. Grappoli di luci multicolori lampeggiarono sull’immenso quadro, poi, una dopo l’altra si attenuarono. Draw Ez fece un passo indietro e trasse un profondo respiro.
È giunto il Grande Momento. Quello della Verifica Finale. Per vedere se tutto è andato liscio. Anche troppo, come stiamo per vedere:
«L’onore di porre la prima domanda spetta a te, Dwar Reyn». «Grazie» rispose Dwar Reyn «Sarà una domanda cui nessuna macchina cibernetica ha potuto, da sola, rispondere». Tornò a voltarsi verso la macchina. «C’è Dio?» L’immensa voce rispose senza esitazione, senza il minimo crepitio di valvole o condensatori.
«Sì: adesso, Dio c’è.»
Risposta semplice e lapidaria.
Non è difficile intuire che sta per succedere qualcosa di terribile. La fantascienza è piena di supercomputer che sfuggono al controllo dei propri creatori. E così è. L’alieno protagonista non è uno stupido e capisce al volo la situazione:
Il terrore sconvolse la faccia di Dwar Ev, che si slanciò verso il quadro di comando.
Ma è troppo tardi.
Un fulmine sceso dal cielo senza nubi lo incenerì, e fuse la leva inchiodandola per sempre al suo posto.
Il per sempre – o se preferite l’eternità – è uno dei principali attributi della Deità. Ora Dio c’è. E ci resterà. Con le conseguenze – terribili, ovviamente – che si possono prevedere.
Quando si pone una domanda bisogna stare attenti.
Perché si rischia di ricevere una risposta.