“I bambini di Haretz” – Rosa Ventrella


Voto: 5 stelle / 5

Ad una bambina, Margit, è affidata la voce narrante nel trattare il tema della Shoah in questo ultimo libro di Rosa Ventrella, “I bambini di Haretz”, appena pubblicato da Mondadori. Il romanzo è ispirato alla storia vera di due bambini ebrei che cercarono la salvezza peregrinando tra i boschi dell’ Europa orientale durante la seconda guerra mondiale.
Si ringrazia la casa editrice per la copia cartacea ricevuta in omaggio.

Trama de I bambini di Haretz

Rimane solo il ricordo a Margit della sua cittadina, Blansko in Cecoslovacchia, e di quando, con il fratellino Janos e suoi genitori, andava a pescare sulle rive dello Stivava. Proprio lì, per la prima volta, aveva intuito dallo sguardo perso della mamma che la vita stava cambiando. Con Praga già invasa dai nazisti nella primavera del 1939, il pericolo è esteso a tutte le famiglie ebree.

Nel 1941 Margit e Janos vengono dapprima nascosti dai vicini di casa per sfuggire ai rastrellamenti – per i genitori non c’è scampo – ma poi costretti a scappare, ad affrontare la foresta nel pieno dell’inverno. L’istinto di sopravvivenza e l’utopistico sogno di arrivare a Parigi si scontrano con il pericolo incombente della morte.

Si parla di gruppi di ebrei che riescono a contrastare i nazisti, c’è chi afferma sia necessario andare verso la Polonia, si vocifera di bande di bambini sfuggiti alla deportazione e anche di treni della salvezza diretti in Italia, in Svizzera, forse in Ungheria. Non c’è l’istinto ad indicare il giusto orientamento; il bosco insidioso con le sue forme grottesche, con il pericolo continuo dei nazisti alle calcagna, inghiotte i due fratelli e altri bambini che incontrano lungo la strada.

Solo la protagonista riuscirà ad arrivare a quel treno che la recapiterà tra i monti di Bergamo dove tanti bambini sopravvissuti sono accolti da Moshe Zeiri, il quale ha un progetto nei loro confronti: portarli alla Terra Promessa, ad Haretz.

Recensione

Una famiglia perbene, ligia alle regole e al dovere si ritrova all’improvviso completamente proiettata fuori da una vita normale. Rimasta da sola con Janos, Margit farà di tutto per proteggerlo; i due fratelli diventano l’uno l’universo dell’altro.

Costretti a vagare con altri derelitti come loro dentro una natura ostile, in una condivisione di terrore, con la morsa allo stomaco per la fame ed il corpo devastato da piaghe e malattie, sono disorientati ed estenuati da freddo, pioggia e fatica. Risultano facile preda per gli inseguitori ed anche per chi potrebbe denunciarli: non possono mettere radici, anche sottili, in nessun luogo. Ma, essendo bambini, ogni tanto affiora un inconsapevole bisogno di vita con i suoi istinti e le sue necessità. Commoventi l’affetto tra Margit e Janos, reso tenace dalla sventura, ed anche la solidarietà nel gruppo di bambini in tale disumanità.
Avevo apprezzato moltissimo un altro libro dell’autrice, “La malalegna”, in cui affrontava, con superbo stile letterario, difficili tematiche sociali nel sud Italia del dopoguerra. Anche in questo caso, visto che i protagonisti sono i bambini, tensione ed emozione tessono un filo continuo.
Un libro che, pur nella finzione dei personaggi, aggiunge documentazione alla Storia della Shoah, necessaria ora più che mai.

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