“Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” – Michele Ruol


Voto: 5 stelle / 5

Non avrei mai scelto un libro come “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia”, se non l’avesse fatto un gruppo di lettura per me. È complicato e personale spiegare il mio rapporto con la tematica del lutto, ma ecco, io l’esordio nella narrativa di Michele Ruol (TerraRossa 2024) non lo avrei mai letto.

Sulla stessa tematica abbiamo recensito anche “Tua figlia Anita” di Paolo Massari, “Io e Gio” di Francesco Prosdocimi e “La combattente” di Stefania Nardini.

Trama di Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia

I personaggi sono delineati con i loro ruoli, Madre, Padre, Maggiore, Minore, perché la loro storia può essere la storia di chiunque di noi. Tutti abbiamo aspettative, aspirazioni e delusioni nei confronti degli altri, tutti litighiamo perché stiamo progettando un’educazione che arricchisca il futuro dei nostri figli. Tutti a volte navighiamo a vista durante la giornata.

Siamo esposti alla possibilità di un imprevisto che azzeri ogni sforzo e ogni piano e ogni volontà. E non ci lasci altro che la ricerca di un nuovo equilibro.

Recensione

Penso che “Inventario di quel che resta dopo che la foresta brucia” sia un libro spugnoso, come certi terreni che ingurgitano subito l’acqua e non ne lasciano traccia in superficie. Penso che in base alla sensibilità e all’esperienza del lettore, gli strati in cui si affonda siano diversi. I novantanove elementi con cui vengono messi a confronto passato e presente hanno pesi così diversi ed estremamente soggettivi che c’è chi potrebbe non riuscire a risalire, perso nei suoi riflessioni, nelle sue associazioni mentali, nei suoi ricordi o nelle sue paure.

“Una delle scoperte peggiori che Madre aveva fatto è che di dolore non si muore.”

All’elemento numero 8 volevo chiudere tutto. Nonostante l’appropriata lettura di Federico Maggiore per Il Narratore audiolibri, ero vittima dei miei pensieri e del mio stato di immedesimazione. Penso che l’apprezzamento di questo libro vari in base alla propria esperienza di genitore e al grado di distacco che si riesce ad adottare durante la lettura.

Io ho scelto di dargli una seconda possibilità e continuare “fino al prossimo picco”. Non è arrivato, anzi verso la fine è arrivata una scena che mi ha persino strappato delle risate (non lo avrei creduto possibile).

Il fatto che io non abbia avuto un nuovo momento di debolezza ha suscitato in me nuovi sentimenti contrastanti, perché ho capito di essermi abituata. Al tono del lettore, allo stile – privo di sbrodolature o compiacimento – al dolore. Questo mi ha indispettita, stupita e addolorata al tempo stesso.

“Se ci fosse stato un Dio del dolore, un Dio dell’assenza, forse gli avrebbe creduto”

“Inventario di quel che resta quando la foresta brucia” è una storia con forti chiaroscuri, che alterna luce e buio esattamente come accade in un lutto da elaborare. Questo lutto, poi, in particolare, è particolarmente tragico e le reazioni dei due genitori sono opposte ma ugualmente disperate.

“Vivere non è una questione di forza, ma di inerzia”

Anche il finale è un’acquaforte, in cui sollievo e senso di impotenza si scontrano lasciando il lettore dibattuto sul sentimento da provare.

A un libro così breve eppure così profondo (in effetti anche le mine, così piccole, sanno essere letali), che ha saputo farmi attraversare tanti sentimenti in così poco tempo, che ha echeggiato a lungo dopo la sua conclusione ed echeggerà ogni volta che guarderò mio figlio, non posso che dare cinque stelle.

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