Il romanzo “L’Appello”, pubblicato da Mondadori a novembre 2020, celebra i dieci anni di attività letteraria dell’autore Alessandro D’Avenia. Era il 2010, infatti, quando è uscita la sua prima opera “Bianca come il latte, rossa come il sangue” (Mondadori).
“La vita va da quando decidono che nome darti a quando quello stesso nome è solo un graffio su una lapide “.
Così inizia l’ultimo romanzo di Alessandro D’Avenia, insegnante di lettere e scrittore tra i più apprezzati del panorama italiano contemporaneo. Con ognuna delle sue opere ha lasciato un segno, per la grande abilità di scandagliare l’animo umano e di coniugare arte e bellezza. Da questo romanzo è nato il film dell’omonimo spettacolo teatrale “L’Appello”, rappresentato al teatro Colosseo di Torino. Dello stesso autore abbiamo recensito il saggio “L’arte di essere fragili” e “Cose che nessuno sa“.
Trama de L’appello
Settembre. E’ l’inizio di un nuovo anno scolastico, l’ultimo per una quinta un po’ speciale di un liceo scientifico. E’ composta da dieci ragazzi e negli anni è diventata una classe-ghetto, riunendo al suo interno fragilità, paure e sofferenze. Proprio questa classe viene affidata ad un nuovo supplente di scienze, Omero Romeo, che torna ad insegnare dopo aver preso consapevolezza e aver accettato la sua cecità, per dare un significato nuovo alla sua esistenza.
“Precario nell’anima e nel corpo, fa da guida a precari del corpo e dell’anima.”
Tutto comincia, come da prassi, con un appello. Un appello un po’ particolare, per conoscerli meglio.
Non potendo vedere i loro volti, Omero cerca di scrutare le loro anime per capire quale storia si possa celare dietro la potenza di un nome. E i suoi alunni, dopo le prime reticenze, cominciano pian piano a svelarsi, cadono le maschere finemente costruite sui loro volti e la vita ritorna delicatamente a fluire. Impariamo così a comprendere il segreto inconfessabile di Elena, la sindrome dell’abbandono vissuto da Cesare, le debolezze di Achille, la rabbia di Oscar, le inquietudini di Caterina, il dolore di Ettore, l’autodistruzione di Mattia, i disturbi alimentari di Aurora, le ferite di Elisa e le lacrime di Stella.
Il professor Omero così, nonostante la sua cecità, riesce a vedere in loro ciò che nessun altro era riuscito mai a scorgere prima. Ma la realtà a volte fatica ad accettare qualcosa di diverso e irrompe crudele per cercare di rompere la magia dei piccoli istanti.
Recensione
E’ sempre un’emozione nuova. Ogni romanzo che ha al centro il mondo scolastico riesce ad aggiungere un tassello in più per cercare di indagare e comprendere lo straordinario e indecifrabile mondo interiore degli adolescenti di oggi. Ogni classe è un affascinante microcosmo, misterioso e incantevole allo stesso tempo e questa volta tocca al prof. Omero Romeo riuscire a decifrarlo. Partendo semplicemente da un nome.
“Un nome ben detto dà luce e dà alla luce ogni angolo dell’anima e del corpo. Questo è il potere di un nome proprio: fermare la ruota incessante del tempo e far ricominciare da capo una storia in cui tutto è stato già visto.”
L’autore ci insegna che viviamo ogni giorno immersi nel buio delle nostre fragilità e delle nostre sofferenze, ma talvolta basta la semplicità di un gesto a riportare la luce. L’intensità dei pensieri e delle sensazioni si svela pagina dopo pagina con una forza dirompente, la forza dell’amore. Al centro ci sono i dieci alunni, con l’anima lacerata, i sogni spezzati e con le loro maschere talmente incollate al viso da dimenticare cosa c’è sotto. Ma basta ascoltarli per un momento, prenderli per mano e i contorni della realtà assumono forme nuove e straordinarie. E’ questa la vera “maturità” a cui sono chiamati.
La vicenda è narrata in prima persona dal professore stesso e si alternano capitoli dedicati alla narrazione vera e propria, intervallata dalle voci dei ragazzi che rispondono all’appello, a brani più intimi e riflessivi, nei quali, attraverso uno slancio lirico, scendiamo più in profondità e l’io narrante cede la parola all’anima.
Non è un romanzo da leggere tutto d’un fiato, va interiorizzato, compreso, vissuto. Ti porta a riflettere sul “presente”, sia come dimensione temporale che come tempo interiore e come risposta che in ogni istante della nostra vita siamo tenuti a ripetere.
Ogni nome è una luce tra le tenebre del mondo, mette ordine nello straordinario caos terreno. Ogni giorno siamo chiamati a confermare la nostra presenza nel mondo rispondendo ad un semplice appello.
“Noi siamo chiamati a diventare tutta luce. Non la luce riflessa su superfici proporzionate, condivisa con pietre, piante e animali, che inevitabilmente si perde e invecchia, ma la luce che portiamo dentro e che trasforma ogni atomo in vita che non invecchia. In amore.”
Consigliato a chi aspira a superare il visibile e le consuete apparenze, per riscoprire il più profondo senso della vita.