“L’inventore di sogni” – Ian McEwan


Voto: 5 stelle / 5

“L’inventore di sogni” è un breve libro del britannico Ian McEwan del 1994. Il titolo originale in Inglese è “The Daydreamer”, che più propriamente significa “Il sognatore diurno”, cioè il sognatore ad occhi aperti. L’edizione che ho letto è una Einaudi Super ET del 2015.

Di Ian McEwan abbiamo recensito anche “Nel guscio”.

Trama de L’inventore di sogni

Il libricino è costituito da un prologo e sette episodi. Ogni episodio è slegato l’uno dall’altro, ma tutti sono accomunati dall’ambientazione e dai personaggi. Questa suddivisione, insieme alla scelta del circolo chiuso, famigliare, mi ha fatto pensare ai libri di “Mary Poppins” di Mary A. Travers.

Protagonista di questi raccontini è un bambino di dieci anni, Peter Fortune, molto distratto e svampito, perché è immerso in una produzione continua di storie. Per lui, la realtà è sempre un trampolino verso un incredibile che ne amplifica paure, ambizioni e dubbi di fronte ai cambiamenti, all’Altro e al diventare grandi. Ma soprattutto lo aiutano a guardarla da un altro punto di vista e ad accettarla meglio.

Recensione

Proprio questa piccola morale nascosta alla fine di ogni storia mi ha intenerita molto, anche all’idea di leggere questo libro a mio figlio che ha quasi sette anni. Alcune fantasticherie hanno un che di macabro, in realtà, e di inquietante (“perturbante”, dice la quarta di copertina), ma la maggior parte è portatrice di messaggi positivi.

“Peter si voltò a guardare il mare. Luccicava, fino laggiù, all’orizzonte. Gli si dispiegava dinanzi, sconosciuto e immenso. Una dopo l’altra le onde si srotolavano e spruzzavano sopra la sabbia, e a Peter sembrarono l’immagine di tutte le idee e le fantasticherie della sua vita.”

Un aspetto che ho apprezzato tantissimo è la scrittura di Ian McEwan, autore che non conoscevo. Questo libro mi è stato regalato da un’amica che lo ama e mi ha permesso di intravvedere uno stile che può piacermi. Il pregio più grande de “L’inventore di sogni” è nella sua semplicità, sicuramente favorita anche dalla buona qualità della traduzione di Susanna Basso. Non è facile scrivere qualcosa alla portata dei ragazzi: non è facile essere semplici senza cadere nel semplicistico (passatemi il gioco di parole).

Consigliato dai sei anni in su.

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