Per celebrare i duecento anni dalla pubblicazione di “Frankenstein”, nel 2018 la casa editrice Iacobelli ha pubblicato un saggio curato da Anna Maria Crispino e Silvia Neonato. Il libro ospita sei autrici che raccontano in altrettanti micro-saggi di Mary Shelley e della sua “orrenda progenie”. Un punto di partenza interessantissimo per chi conosce poco questa autrice e la sua storia.
La vita di Mary Shelley
Cresciuta nell’idealizzazione di due cultori di pensiero come il padre e la madre, che ha persa nascendo, Mary Godwin ha improntato la sua vita alla libertà e alla sperimentazione. Fuggì, neanche diciassettenne, con il poeta Percy Bisshe Shelley per un viaggio attraverso l’Europa nel luglio 1814: l’aveva conosciuto due mesi prima. Andò con loro la sorellastra da parte di padre, Claire, alla cui relazione amorosa con Percy Shelley è stato sempre dato credito. Fu la stessa Claire a sedurre il poeta Lord Byron e a farlo unire alla compagnia, dandogli una figlia poi rinnegata ma creando uno dei legami più produttivi e più noti della storia della letteratura. Durante una vacanza tutti insieme nel 1816, infatti, fu lanciata la sfida a scrivere l’opera più terrificante, che ha dato origine al “Frankenstein” che conosciamo.
Quando Mary partì con Percy, lui era sposato da tre anni ma il suo matrimonio era infelice. Sua moglie Harriet gli aveva già dato una bambina. A settembre Mary era incinta e Harriet era in attesa del secondogenito. Ma la bambina che Mary diede alla luce, nel febbraio 1815, era prematura e morì poco dopo.
L’Italia
A novembre del 1818 Harriet fu trovata suicida in avanzato stato di gravidanza. Nel giro di tre settimane, Percy e Mary erano sposi.
La vita della nuova coppia fu segnata da un vortice di dolori e allo stesso tempo di grande creatività. Praticamente, fra il 1814 e il 1822 Mary fu quasi sempre in gravidanza. Diede a Percy tre figli e sappiamo di un aborto spontaneo che la colpì, forse come presagio, un mese prima della morte del marito. L’Italia fu il teatro delle sue disgrazie più dolorose: a Venezia e a Roma due figli, piccolissimi, morirono per il caldo eccessivo e le febbri malariche tra il 1818 e il 1819. E nel fatidico 1822 Percy morì in un naufragio al largo di Viareggio, dopo un incontro di lavoro. Mary riuscì a sopravvivere grazie alla sua scrittura. E proprio mentre iniziava a rialzarsi anche grazie al sostegno e al lavoro che le forniva Lord Byron, questi morì nel 1824 in Grecia.
La vita di Mary era destinata a continuare, indipendente sul piano economico, affiancata dal suo terzogenito Percy e dalla donna che sposò. La morte l’attendeva a poco più di cinquant’anni, forse per un tumore al cervello.
Le opere
“Frankenstein” ha ispirato oltre duecento versioni cinematografiche e letterarie.
È sempre stato interessante notare come una donna abbia scelto di assegnare a un uomo il compito della creazione, ma è ancora più interessante, anzi commovente, sapere che un anno prima l’autrice aveva perso la sua prima bambina e che nei suoi diari annotava di sognarla spesso. La sognava senza vita, ma era sufficiente riscaldarla per rianimarla.
La prima edizione uscì anonima, con una prefazione di Percy Shelley. Fu in quella di circa dieci anni dopo, 1831, in cui apparì il nome di Mary Godwin Shelley. Il mostro originario aderisce all’etimologia del suo nome: la pelle è così fragile e tesa che svela (“mostra”) i muscoli e i nervi sottostanti. I suoi genitori sono i libri, come è capitato alla stessa Mary, che della madre ha potuto conoscere solo le parole che aveva lasciato nelle pubblicazioni libertarie.
Tendiamo a pensare che “Frankenstein” sia stata l’unica opera di Mary Shelley. Invece la sua carriera è stata proficua, forse perché nella scrittura trovava conforto. Scrisse molte biografie per la Cabinet Encyclopedia, si occupò dei lavori del marito defunto, scrisse molti poemetti, un romanzo storico (“Valperga”) e un inaspettato romanzo post-apocalittico, “L’ultimo uomo”, molto lungo ma ambientato tra il 2073 e il 2100 e rivalutato solo dopo gli anni ’60. Di questa autrice abbiamo recensito anche “A zonzo sul lago di Como”.