“I figli del male” – Antonio Lanzetta


Voto: 5 stelle / 5

“I figli del male” è un romanzo thriller, di Antonio Lanzetta, pubblicato da La Corte editore nel 2018. È il secondo episodio di una trilogia, dopo “Il buio dentro” e prima de “Le colpe della notte“. La storia di Damiano, Flavio e Stefano ha un percorso comune segnato da grandi dolori che prosegue nelle vicende narrate in questo romanzo.


Trama

Un direttore di banca viene trovato barbaramente assassinato, un foglio di carta arrotolato è conficcato nella sua gola, con sopra scritte solo due parole: “Lui vede”. A questo delitto ne fa seguito un altro: ad accomunare le due vittime, l’interesse per ragazze particolarmente giovani.

Il commissario De Vivo chiede ancora una volta l’aiuto dello scrittore Damiano Valente per cercare insieme la verità.

La serie di delitti sembra essere intrecciata con la storia di Roberta, una ragazza ricoverata nel centro per disturbi psichiatrici dove Flavio De Martino lavora da qualche tempo. La ragazza è estremamente turbata da quello cha ha vissuto e non riesce a rivelare nulla di sé e del suo passato. Dopo settimane in cui non pronuncia una sola parola, le cure amorevoli di Flavio la portano fuori dal tunnel senza via d’uscita in cui sembrava incanalata e Roberta dice le stesse parole scritte su quel biglietto arrotolato: “Lui vede”.

I fatti sono collegati a vicende accadute a Castellaccio nel 1950 che hanno per protagonisti Mimì, il nonno di Flavio e il suo amico Tommaso: quest’ultimo vede nel bosco un mostro dagli occhi rossi che mangia i bambini. Tommaso è ossessionato da questo raccapricciante incontro e dopo il ritrovamento del cadavere del piccolo Nunzio, figlio di una sua vicina, non si dà pace.

L’incontro con il barone Gioia gli aiuta a comprendere ciò a cui ha assistito, ma la vicenda di Tommaso prenderà una piega del tutto inaspettata.

Recensione I figli del male

Ho trovato la lettura del primo capitolo della trilogia più avvincente di questo secondo episodio, in cui la trama si evolve un po’ più lentamente.

Ancora una volta l’impianto cronologico della narrazione è molto ben strutturato: i flashback che riportano a oltre mezzo secolo prima si trovano sempre nel punto perfetto del racconto delle vicende che si svolgono ai giorni nostri, nel punto che interrompe la risoluzione di un enigma nel momento in cui sembrava stesse per risolversi.

Le due storie si evolvono con lo stesso ritmo, ma mentre le vicende dei giorni nostri diventano pian piano sempre più nitide, quella che lega Tommaso e Mimì ha un epilogo più lento, nel senso che sembra talmente assurdo ciò che sta accadendo che rendersene conto non è così immediato.

Tutti i personaggi de I figli del male hanno un grande bagaglio di dolore: non tutti riescono a vincere la grande sfida di imparare a conviverci senza diventare a loro volta cattivi.

La prima vittima, il direttore di banca, ha dovuto fare degli enormi sacrifici per diventare direttore, sacrifici di cui avverte tutta l’ingiustizia, dato che ha visto molti colleghi scalare la piramide sociale semplicemente grazie all’aiuto di qualche amicizia. L’assenza di meritocrazia è inaccettabile agli occhi di chi sa di avere meriti e vorrebbe competere ad armi pari.

Stefano, Damiano e Flavio convivono col ricordo della loro amica barbaramente assassinata trent’anni prima e ognuno di loro ha il proprio dramma personale che non dà loro scampo.

Anche Tommaso ha i suoi fantasmi che lo tormentano: ha perso la madre durante la guerra ed è vittima di un padre alcolizzato che lo costringe a lavorare mentre la sua unica occupazione è il gioco.

Durante la lettura de I figli del male mi sono ritrovata a fare il tifo per i più giusti mentre imparavo una bella lezione sui cattivi: non si nasce cattivi, ma lo si diventa per colpa di esempi cattivi, lo si diventa quando ad avere la meglio è la debolezza, quella che fa credere che dalle macerie non possa nascere nulla di bello.

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